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          Fra Luppolo

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            Brecce Rosse

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              Bar Sergio Tognoloni

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                Big Bench in Umbria: ammirare la vita da un’altra prospettiva

                Le tanto discusse e amate “Panchine Giganti” sono arrivate anche in Umbria con cinque installazioni rispettivamente a Colle Umberto, Città di Castello, Bevagna, Preci e Montefalco.

                Ma cosa sono esattamente le Big Bench?

                “’Da te, gli uomini’, disse il Piccolo Principe, ‘coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano… E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua… Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore’.”– dal Piccolo Principe

                Le Big Bench sono delle installazioni, delle opere d’arte che incontrano l’uomo, ideate e progettate dall’architetto americano Chris Bangle e sua moglie Catherine.
                Panchine Giganti su cui è possibile salire ammirando il panorama da un’altra prospettiva, sentendosi bambini di fronte all’immensità della bellezza che la vita offre quotidianamente e che forse, presi dai ritmi del quotidiano, dimentichiamo. Le Big Bench, un po’ come il Piccolo Principe, ci ricordano che forse tutto quello di cui abbiamo bisogno ci sembra lontano, grande, difficile, se solo ricordassimo di guardare con il cuore.

                Ma vediamo nello specifico come nascono
                Nascono nel 2010 quando il sopracitato archetto e designer Chris Bangle, trasferitosi nelle Langhe, in Piemonte, decise di realizzare la prima panchina fuori scala a Clavesana.
                Dall’entusiasmo di molti, ne conseguì un progetto nato senza scopro di lucro e senza finanziamenti pubblici, volto non solo a far incontrare l’arte, la natura e l’uomo, ma anche un concetto di turismo ecosostenibile, installando le Big Bench in borghi piccoli o poco conosciuti, favorendo un flusso di curiosità e turismo, sostenendo le eccellenze artigianali e le comunità locali.

                Attualmente le panchine costruite sono 273 e 66 in costruzione, e la Big Bench Community Project è divenuta una Fondazione no profit e senza scopo di lucro con la volontà, non solo di espandere l’idea dell Big Bench come progetto legato al turismo, al territorio e alla natura, finanche di devolvere in beneficenza i proventi derivanti da azioni di marketing e promozionali ai comuni in cui sorgono le Grandi Panchine, con una particolare attenzione alle scuole o alle istituzioni culturali. I luoghi di preferenza per far sorgere queste opere d’arte moderna accessibile a tutti e condivisibile da tutti, sono punti panoramici, completamente immersi nel verde, tra campi di lavanda, vigneti e oliveti.

                Chi può costruirle
                Naturalmente le Big Bench sono coperte da copyright ma il Designer Chris fornisce gratuitamente il progetto e le modalità di realizzazione dell’installazione dopo aver fatto richiesta, presentando il luogo dove si pensa di far nascere la Grande Panchina, realizzata senza fondi pubblici ma con donazioni volontarie, a patto che vi si rispetti la natura, le comunità locali e siano soprattutto fonte i sostenibilità e scambio culturale e relazionale. Anche il colore viene progettato a seconda del luogo, in modo da avere un’installazione che sia tutt’uno così la natura, in completa armonia.

                Passaporto del Turista Panchinista
                Le Big Bench sono un fenomeno in continua espansione, dal Piemonte sono arrivate in quasi tutta l’Italia e con alcune installazioni anche all’estero. Ciò spiega il sentimento collettivo che si è sprigionato alla ricerca delle Panchine e soprattutto dei paesaggi mozzafiato: da qui l’esigenza di creare un “Passaporto” che viene timbrato ogni volta che il turista “Panchinista” scopre, vive e condivide l’esperienza della Grande Panchina.
                Tutte le panchine sono naturalmente segnalate sul sito ufficiale o tramite apposita App gratuita.

                Le Big Bench in Umbria
                Un momento per sé, ma anche da condividere, per ammirare il paesaggio, ascoltare la natura, vivere un’esperienza seduto su una Panchina Gigante.
                Le due Big Bench installate in Umbria, tra campagne e oliveti secolari, rappresentano, insieme a tutte le altre installate in giro per l’Italia, un vero e proprio motore turistico di qualità e simbolo di eccellenze paesaggistiche, artigianali, enogastronomiche e culturali.

                Agriturismo Foglie

                Agriturismo Foglie

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                  Un focus su Dante e l’Olio umbro

                  Dedichiamo uno spazio a Dante e all’Olio umbro attraverso il libro “Conversazioni dantesche. Olio dell’Umbria: cosa resta del Medioevo dantesco nell’Umbria enogastronomica” scritto e curato da Diego Diomedi, formatore e docente nel settore enogastronomico ed altri scrittori e giornalisti che hanno partecipato alla stesura del testo.

                  In particolare l’autore, Diego Diomedi, sottolinea come il suo interesse e la sua passione per l’enogastronomia nascano da una profonda curiosità sulle origini e le tradizioni agroalimentari italiane, con particolare riferimento al Medioevo e soprattutto all’approccio Dantesco alla cucina italiana con un focus sull’olivo e sull’olio umbro. 

                  il libro nasce dall’esigenza, a partire dalla rievocazione storica di San Gemini, di dedicare questa grande festa che dura 2 settimane al Sommo Poeta. Nel testo vengono trattate diverse tematiche”- ci racconta Diego

                  DANTE E L’ULIVO
                  L’olio e dunque l’olivo è profondamente radicato nella nostra tradizione e nella nostra cultura.Trova origini nell’età classica e utilizzi già in epoca romana e poi medievale. All’interno della Divina Commedia i riferimenti al cibo o tutto ciò che riguarda l’alimentazione viene trattato non dal punto di vista materiale e dunque nutritivo ma puramente spirituale e religioso.
                  Durante la scrittura della Divina Commedia Dante Alighieri dà molta importanza alla pianta dell’olivo citandola ben due volte come elemento ricco di simbolismo religioso: la stessa Beatrice si presenta a Dante con la corona di ulivo: «sovra candido vel cinta d’ulivo/donna m’appar- ve sotto verde manto» (vv. 31-32, XXX canto del Purgatorio)

                  Il fil rouge di questo libro è quello di parlare di Dante attraverso l’enogastronomia immersa nel centro Italia con il collegamento all’ Umbria che fa da ponte, come un flusso di pensiero, di radici e tradizioni.

                  NEL DOPOGUERRA
                  “L’olio è radicato nella nostra cultura ma è anche un prodotto riservato a pochi fino alla seconda guerra mondiale. Borghese, infatti, l’invenzione di possedere un uliveto in quanto alla classe povera era riservato lo strutto e il burro. È solo nel secondo dopoguerra che il consumo di olio conosce modificazioni. Questa impennata dei consumi per l’Umbria non significò una trasformazione repentina dei caratteri del mercato. Tuttavia il prodotto comincia ad avere spazi più ampi favoriti anche dalle maggiori produzioni realizzate nei decenni precedenti.”- spiega il Prof. Renato Covino, aggiungendo poi che “la natura pedologica dei terreni collinari umbri, spesso fliscioidi (ad alto contenuto di calcare) porta alla diffusione fino a tempi recenti del Moraiolo, che produce pochi chili per pianta e quindi meno olio, e a una collocazione geografica soprattutto intorno al bacino del Trasimeno, che garantiva un effetto di temperazione del clima, e lungo le colline che cingono la Valle Umbra (da Assisi a Spoleto). La presenza nelle colture promiscue, dove affianca o sostituisce la vite e convive con i cereali, ne fa una produzione destinata a un uso sostanzialmente domestico, che diviene parte dell’economia di sussistenza dei mezzadri e di e di consumo dei padroni della terra”.

                  L’UMBRIA CUORE VERDE D’ITALIA
                  Ivo Picchiarelli sottolinea come “nella percezione dell’immaginario dell’Umbria è balzato di recente in evidenza il grigio-verde degli ulivi, in particolare quello della fascia olivata pedemontana che, ininterrotto, da Assisi a Spoleto si affaccia sulla Valle Spoletana. A ciò hanno contribuito vari fattori. Anche la Regione della verde Umbria sembra aver eletto questo colore a proprio emblema”.

                  L’OLIO E MODERNITA’
                  Alessandro Giotti parla del rapporto tra modernità, tradizione e innovazione anche nel campo dell’olivicoltura e di come l’avanzare della tecnologia abbia effettivamente cambiato anche i metodi di produzione di “oliveti storici e varietà antiche” e la concetto di olio in termini di consumo e utilizzo in ambito culinario e non solo, e in particolare spiega che “oggigiorno la tecnologia consente di avere frantoi a due fasi tecnologicamente molto avanzati e di piccole omedie dimensioni in grado di produrre altissima qualità. Si stanno diffondendo pertanto molti frantoi che nascono spesso nel cuore del luogo di produzione delle olive rendendo il processo di trasformazione molto efficiente e veloce. Questi frantoi, avendo dimensioni più ridotte, consentono inoltre di gestire anche partite più piccole facilitando, per esempio, lavorazioni di precisione, essenziali per la produzione dei monovarietali. Questi ultimi cominciano a diventare sempre più diffusi consentono di offrire a chi è o sarà in grado di apprezzare l’incredibile biodiversità che possediamo.Basti pensare nella nostra Umbria alla Nostrale di Rigali, alla Borgiona, alla Dolce Agogia al Raio, per non parlare poi del principe di tutte le cultivar umbre e toscane, il Moraiolo.
                  La volontà è di dare nuova vita a luoghi incantevoli dell’Umbria valorizzando territorio e qualità produttiva e diventando vera meta per chi è alla ricerca di esperienze e prodotti di qualità”.