Le ricette Umbre di Carnevale

#INCUCINA CON UMBRIASI

Vi avevamo parlato del Carnevale, delle sue origini e dei dolci tradizionali dell’Umbria in questo articolo.
Oggi qui vi riportiamo le ricette del Carnevale:
Preparate il grembiulino, la spianatoia e pronti ad impastare e poi gustare!

LE FRAPPE

Ingredienti

Per l’impasto
500 gr di farina 00
3 uova
Buccia di limone qb
1 cucchiaino di lievito in polvere
250 g di burro
100 gr di zucchero
1 pizzico di sale

Per la frittura
1 litro di olio di semi di arachidi

Per decorare

Zucchero a velo/miele o alchermes

Procedimento

Creare sulla spianatoia una fontana di farina e disporre al centro il lievito in polvere, cominciare a mischiare farina e lievito, poi sempre al centro aggiungere uova, la buccia di limone (fate attenzione alla parte bianca del limone che è più amaricante) e il pizzico di sale. Una volta amalgamati gli ingredienti, aggiungere il burro a temperatura ambiente e lo zucchero. L’impasto sarà pronto quando risulterà liscio, omogeneo e che si staccherà facilmente dalle mani. Lasciate riposare l’impasto  30 minuti coperta da una pellicola.
Trascorsi i 30 minuti, stendere l’impasto con un mattarello sino a formare una sfoglia non troppo sottile. Con la rondellina tagliate la sfoglia a striscioline di forma rettangolare con un piccolo taglio al centro dove far passare in mezzo un’estremità della frappa, simulando un fiocco.
Friggete le frappe in olio caldo per circa 5 minuti. Una volta pronte e raffreddate, decoratele con zucchero a velo, miele o alchermes come più vi piace!

LE CASTAGNOLE

Ingredienti
Per l’impasto
230 gr di farina 00
2 uova

½ Bustina di lievito per dolci
4 Cucchiai di zucchero
1 bicchierino di liquore (mistrà, sambuca)
50 ml di latte a temperatura ambiente
2 cucchiai di olio di oliva extra vergine 
Buccia di limone q.b
1 pizzico di sale

Per friggere
Abbondante olio di semi di arachide

Per decorare
Zucchero a velo/miele o alchermes e confettini colorati

Procedimento
Rompete in una ciotolina le uova e mescolare con lo zucchero fino ad avere una consistenza spumosa e leggera. Lo zucchero deve essere ben amalgamato. Aggiungete la sambuca, e a filo il latte e l’olio ed infine la buccia di limone grattugiata (attenzione alla parte bianca, come sopra!). Mescolare il tutto fino a far amalgamare bene tutti gli ingredienti. Aggiungete poi la farina e il lievito fino ad ottenere una consistenza simile ad una pastella.
Lasciate riposare il composto coperto per circa 10-15 minuti.

Versate la pastella in olio caldo (aiutateti con un cucchiaio per formare le palline) e giratele a metà cottura. Una volta pronte, decorate con zucchero miele alchermes e zuccherini colorati

N.B Ci sono delle varianti che prevedono di farcirle anche con crema, crema al cioccolato o panna!

GLI STRUFOLI

Ingredienti
Per l’impasto
400 gr di farina
6 uova
6 cucchiai di zucchero
1 bicchierino di Mistrà o Sambuca
1 Buccia di limone e succo di limone
1 tazzina di latte
25 g di lievito per dolci
6 cucchiaini di olio di oliva extra vergine

Per friggere
2 litri d’olio di semi di arachide

Per decorare
Miele

Procedimento
Con una frusta, sbattete i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una consistenza spumosa, Montate a neve i restanti albumi e uniteli ai tuorli e amalgamate bene. Aggiungete la bucci di limone e a filo l’olio e il latte.
Aggiungete poco alla volta la farina, il lievito, il succo di limone e il liquore. Impastate fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Cospargetelo con dell’olio e copritelo con un canovaccio per lasciarlo riposare almeno 2 ore.

In olio caldo, fate scivolare le palline di impasto. Per aiutare l’impasto a restare tondeggiante fate roteare piano la padella (con i manici) in cui state friggendo gli strufoli (mi raccomando state attenti!)
Una volta raffreddati, cospargeteli di miele sciolto a bagno maria.

 

LA CICERCHIATA UMBRA

Ingredienti
Per l’impasto
300 gr di farina 00
30 gr di burro
3 uova
1/2 buccia di limone grattugiata
Alchermes qb

Per friggere
2 litri d’olio di semi di arachide

Per decorare
400 gr di Miele
confettini colorati
frutta secca tipo mandorle tagliate a lamelle
100 gr di canditi

Procedimento
Su di una spianatoia, impastate fino ad ottenere una consistenza omogenea e liscia, la farina, con le uova, la buccia di limone, il burro a temperatura ambiente e il liquore.
Creare dei salsicciotti dall’impasto da cui ricavare le palline irregolari tagliare con un coltello e friggetele in olio caldo. Scaldare il miele e una volta sciolto, versare le palline fritte e amalgamare bene. Poi aggiungere i confettini, i canditi e le mandorle a piacere.
Tagliare quindi a lamelle 150 gr. di mandorle sbucciate.

 

LA CRESCIONDA SPOLETINA

Ingredienti
50 gr di farina 00
70 gr di zucchero
4 uova
500 ml di latte

200 gr di amaretti

50 ml di liquore mistrà

100 gr di cioccolato fondente

1 buccia di limone grattugiata

Procedimento
Con un frullino o un mixer, frullate gli amaretti. Procedete poi montando i tuorli con lo zucchero fino ad una consistenza spumosa; aggiungete poi il cioccolato tritato, il liquore e il latte a filo. In ultimo gli amaretti e la farina poco alla volta, insieme al limone grattugiato.
Montate gli albumi a neve che verranno poi uniti al composto dal basso verso l’alto.

Imburrate e infarinate una teglia (da 24 cm di diametro) e infornate 180° per 60 minuti.

Credit foto:

 UmbriaTourism
Antonio Gravante
Forchettiere.it
Ricette “2Amiche in Cucina”
Fonte Cesia
Kasanova

Cosa fare in Umbria in Febbraio? Te lo dice UmbriaSì

Febbraio è il mese di San Valentino, e l’Umbria, con il suo fascino romantico e i suoi paesaggi da sogno, è la meta ideale per celebrare l’amore. Che tu voglia sorprendere la tua dolce metà o semplicemente vivere un’esperienza indimenticabile, questa terra sa come accendere il romanticismo.

Ecco le nostre tre tips su cosa fare in Umbria in Febbraio

Celebra l’amore nella terra di San Valentino

Terni, città natale di San Valentino, si trasforma nel cuore pulsante del romanticismo durante questo mese. La Basilica di San Valentino ospita la suggestiva Festa della Promessa, dove le coppie possono rinnovare i loro voti d’amore. Inoltre, l’atmosfera è impreziosita da eventi speciali, concerti e mercatini dedicati agli innamorati. Un’occasione perfetta per rendere il tuo San Valentino davvero unico, immerso in una cornice storica e romantica.

Esperienze da condividere: spa e relax di coppia

Febbraio è il mese ideale per concedersi momenti di puro relax insieme. Scegli un soggiorno in una delle spa immerse nelle colline umbre, dove potrai goderti trattamenti benessere, massaggi di coppia e piscine riscaldate con vista mozzafiato. Le atmosfere intime e i panorami suggestivi creano il contesto perfetto per coccolarti e condividere momenti di complicità con la tua metà.

Un brindisi all’amore: degustazioni in cantina 

L’Umbria è terra di grandi vini e a febbraio le cantine si trasformano in luoghi ideali per celebrare l’amore. Molte cantine offrono pacchetti esclusivi per coppie, con brindisi romantici tra botti antiche e panorami da sogno. Un’esperienza che unisce sapori autentici e atmosfere indimenticabili.

💚 Ti Aspettiamo in Umbria 💚

Il Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza

L’Umbria, con i suoi pittoreschi paesaggi collinari, i borghi medievali e le profonde radici spirituali, è una delle gemme d’Italia. Tra le numerose attrazioni che questa regione ha da offrire, il Santuario di Collevalenza emerge come un luogo di devozione, speranza e riflessione.

Siamo a pochi chilometri da Todi, il Santuario di Collevalenza fu fondato per volontà di Madre Speranza ed eretto dall’architetto spagnolo Julio Lafuente nel 1951, con l’intento di creare un luogo che rappresentasse ed esprimesse la Misericordia di Dio per tutti i fedeli che avevano commesso un peccato e che chiedevano perdono e conforto spirituale.

Un’architettura che incanta
Oltre alla sua importanza spirituale, il Santuario affascina i visitatori anche dal punto di vista architettonico: a pianta circolare con due ampie aule sacre, la cripta e la chiesa superiore che confluiscono in un’unica realtà architettonica.
Il Santuario crea, grazie ad un’enorme vetrata concava, un’atmosfera serena, accogliente e luminosa

I pellegrini che visitano questo luogo sacro vengono accolti con sorrisi genuini e una gentilezza che è tipica dell’ospitalità umbra. Possono sempre confessassi, in nome della stessa Misericordia che il Santuario rappresenta.

Il messaggio dell’Acqua e le famose piscine
A partire dal 1° marzo 1979, l’Acqua del Santuario, proveniente dal pozzo che si trova nelle vicinanze, è stata fatta fluire nelle piscine (divise tra uomini e donne) e aperte ai pellegrini o per l’immersione del malati, che potevano immergersi durante la “Liturgia delle Acque” dei sacerdoti del Santuario.
Attualmente, le “Liturgie delle Acque” sono ancora attive, mentre per le restrizioni post pandemia, le immersioni sono state momentaneamente sospese, ma allo stesso tempo, i pellegrini che si recheranno al Santuario e parteciperanno alla liturgia, verranno accompagnati dal sacerdote ai piedi della statua di Maria Mediatrice per poter bere dalle Fontanelle recitando la preghiera del retto uso dell’Acqua e dei suoi significati spirituali come “refrigerio al corpo e di salute all’anima e di rinnovo dei prodigi per le guarigioni”, come sempre detto da Madre Speranza.

L’Acqua del Santuario è tutt’oggi considerata un segno della Grazia e uno strumento della Misericordia del Signore.

La storia di San Costanzo

Il 29 gennaio si festeggia San Costanzo, primo Vescovo e di Perugia e uno dei patroni del capoluogo umbro insieme a San Lorenzo e Sant’Ercolano. La storia della vita di San Costanzo e ciò che ne aleggia intorno è ricco di meraviglia, stupore, fede e misticismo con un pizzico di romanticismo e di dolcezze. Vediamo perché.

San Costanzo Martire
In “Mille Santi del Giorno” di Piero Bargellini, una raccolta delle storie delle vite dei Santi, si legge la descrizione di Costanzo, che possiamo datare intorno al II secolo d. C, come un uomo dedito alla fede, alla bontà e generosità verso i poveri e un grande senso del dovere verso la Chiesa Cristiana soprattutto durante le persecuzioni dell’Imperatore Marco Aurelio.

Si narra che Costanzo, sotto l’Impero di Marco Aurelio fu martirizzato e perseguitato brutalmente: rinchiuso nel calidarium (antiche terme romane) a temperature altissime, uscendone però, miracolosamente, indenne. Fu arrestato diverse volte e costretto a camminare sui carboni ardenti ma nulla riuscì a scalfire la fede di San Costanzo. Intorno l’anno 178 fu arrestato nuovamente e decapitato a Foligno.

La salma di San Costanzo fece poi ritorno a Perugia dove trovò riposo in quella che sarà poi la prima Cattedrale di Perugia, fuori le porte di San Pietro e oggi conosciuta come Chiesa di San Costanzo.

La tradizione dell’Occhiolino
Per gli amanti del Romanticismo, ecco per voi una leggenda secondo la quale, durante le celebranzioni del Santo, l’immagine di San Costanzo possa fare “l’occhiolino” alle ragazze nubili (e vergini secondo tradizione medievale) che si presentano nella Chiesa dove riposa il Santo, per chiedere se si sposeranno entro l’anno. Naturalmente è un gioco di luci e ombre che rende il tutto magico con un pizzico d’amore.

Alle fanciulle senza la previsione del lieto evento da parte del Santo, verrà regalato dal fidanzato il dolce tipico perugino ma soprattutto tipico della Festa di San Costanzo, il Torcolo.

 

Il torcolo di San Costanzo

Il dolce tipico della tradizione per festeggiare San Costanzo è, appunto, il Torcolo, dietro la quale si celano tante leggende e misteri legati al Santo che rendono ancora oggi questo dolce ricco di fascino e storia.
Si tramanda, infatti, che il torcolo sia a forma di ciambella per ricordare la corona i fiori che su posta sulla corpo del Santo dopo la decapitazione o ancora che il buco rappresenti la testa mozzata del Santo e in ultimo che la sua forma a ciambella rimandi alla corona sfilata dal capo del Santo una volta decapitata. Ecco perch un dolce tempestato da canditi colorati, in ricordo alle pietre preziose della colora! I cinque tagli sulla ciambella sono, invece, riconducibile ai porte di accesso ai cinque rioni del centro storico di Perugia: Porta San Pietro Porta Sole, Porta Eburnea, Porta Susanna, e Porta Sant’Angelo.

Il torcolo di San Costanzo, nonostante la grande importanza che ricopre durante la festa del 29 gennaio, è un dolce che viene oggi gustato in Umbria durante tutto l’anno!

Credit foto
Regione Umbria
Umbria Tourism
Comune di Perugia

Sulle tracce di Don Matteo a Spoleto

Spoleto, un gioiello nascosto tra le verdi colline umbre, è un luogo ricco di storia, cultura e fascino.
Oltre ad essere una destinazione ideale per gli amanti dell’arte e della gastronomia, Spoleto è  famosa per il Festival dei Due Mondi e  per essere la città in cui viene girata la popolare serie televisiva italiana “Don Matteo“(ne avevamo già parlato qui)
Esploriamo insieme i luoghi incantati di Spoleto che fanno da sfondo alle avventure del nostro amatissimo prete detective!

La Cattedrale di Santa Maria Assunta e Palazzo Bufalini
La maestosa Cattedrale di Santa Maria Assunta, conosciuta anche come Duomo di Spoleto, è la location iconica della serie. Questo capolavoro di architettura romanica ospita opere d’arte straordinarie e rappresenta uno dei luoghi più sacri della città. Nella trama di “Don Matteo”, la cattedrale ospita la Canonica, la Caserma dei Carabinieri e il Parlatorio.
Poco distante si può ammirare Piazza della Signoria dove sono state girate molte scene della Fiction. Palazzo Bufalini è stato utilizzato per le riprese in esterna della Caserma dei Carabinieri. 

Basilica di Sant’Eufemia e il Teatro Caio Melisso
Situata all’interno del Palazzo Vescovile, eretta sulle fondamenta dell’antica residenza dei duchi longobardi è la location che ospita la Chiesa di “Don Matteo”. Poco distante si trova il Teatro Caio Melisso, che in occasione della Fiction è diventato il parlatorio del carcere.

Un Viaggio nel Cuore di Spoleto
Esplorare i luoghi in cui viene girata la fiction “Don Matteo” è un’esperienza affascinante che consente ai visitatori di immergersi completamente nella magia della serie. Spoleto, con la sua ricca storia, la sua architettura affascinante e la sua aura misteriosa, offre un viaggio indimenticabile nel cuore dell’Umbria.

Se siete fan della serie, non c’è modo migliore per vivere le avventure di Don Matteo e del suo fedele amico Cecchini, interpretato da Nino Frassica, che visitare personalmente questi luoghi incantati.
Spoleto vi accoglierà a braccia aperte, offrendovi non solo la bellezza dei suoi monumenti, ma anche l’opportunità di rivivere i momenti emozionanti che avete amato sullo schermo.

Perciò, preparatevi a fare un viaggio nel mondo di Don Matteo, esplorando gli stessi vicoli tortuosi e le
stesse piazze affollate che hanno fatto da sfondo alle sue indagini più avvincenti. Spoleto vi attende con i suoi segreti e le sue storie da raccontare, pronta a incantarvi con il suo fascino senza tempo.

Da Spoleto alle Marmore in bici

Una proposta di tre giorni in una delle zone più belle dell’Umbria, che unisce le bellezze di Spoleto e di borghi come Sant’Anatolia, Scheggino, Ferentillo e Arrone, con la natura incontaminata della Valnerina, prima di concludersi di fronte allo stupendo spettacolo della Cascata delle Marmore.

Le Merlettaie del pizzo d’Irlanda dell’Isola Maggiore

All’inizio del Novecento, la marchesa Elena Guglielmi portò sull’Isola Maggiore nel lago Trasimeno la tecnica di lavorazione del merletto a punto Irlanda, ispirata alle tradizioni nate nei monasteri irlandesi alla fine del XIX secolo, secondo l’antica arte dei merletti di Venezia.

Invece di essere realizzato con ago e fuselli, la particolarità di questo merletto viene creato a uncinetto utilizzando un filato estremamente sottile. La lungimiranza della Marchesa, fu anche quella di portare da Torino, un’insegnante che potesse trasmettere l’arte del merletto a quella che fu poi la prima maestra isolana, Elvira Tosetti, alla quale fu affidata anche la fondazione e la direzione della scuola di merletto sull’isola per le giovani donne, figlie di pescatori, che sino ad allora svolgevano varie attività durante il giorno senza però percepire alcun pagamento. La scuola diede loro la possibilità e l’opportunità di ricevere una formazione professionale, imparando diverse tecniche per la creazione di tovaglie, lenzuola, vestiti, fazzolettini, guanti etc, una certa indipendenza economica (nel primo anno il loro guadagno fu di circa 390 lire, il secondo anno di circa 2300 lire) e consentire loro di contribuire alle spese familiari.

Le si vedevano sedute sull’uscio di casa dedite all’uncinetto e alle confezioni di trine. Queste fanciulle e le loro creazioni divennero ben presto stimane dalle nobil donne, clienti abituali della scuola.

Ben presto, i manufatti vennero esposti alla mostra mercato permanente delle Arti Decorative Italiane di Perugia e i campionari inviati alle Industrie Femminili Italiane di Roma, per essere venduti poi in tutta Italia e all’estero. Le trine d’Irlanda dell’Isola Maggiore divennero famose e molto apprezzate e richieste dal settore dell’alta moda, contribuendo positivamente all’economia dell’isola, specialmente in periodi di crisi della pesca.

In seguito, negli anni Trenta, con il cambio dello stile della moda e con le influenze che cominciarono ad arrivare dall’America, il merletto d’Irlanda non fu più di moda e la scuola fu costretta a chiudere.
Le donne isolane, continuarono a lavorare il merletto per il proprio corredo personale e come eredità.

Nel 1963, l‘isolana Maria Vittoria Semolesti riavviò l’attività fondando una cooperativa di merlettaie per la vendita del merletto d’Irlanda. Anche se la cooperativa chiuse nel 1975, le merlettaie continuarono a lavorare individualmente. È così che via Guglielmi, con le sue merlettaie, divenne una delle attrazioni dell’isola, attirando turisti che ammiravano il processo di creazione delle trine. Ancora oggi, è possibile trovare qualche merlettaia che lavora sull’uscio di casa.

Le ultime merlettaie dell’Isola Maggiore, tutte discendenti dalla scuola di Maria Vittoria Semolesti, operano ancora oggi. Nel centro dell’isola, nel palazzo che un tempo ospitava la confraternita di Santa Maria dei Disciplinati, è stato istituito il Museo del Merletto, che espone i lavori realizzati dalle donne dell’Isola Maggiore dal 1904 alla fine del XX secolo.

Cosa fare in Umbria in Gennaio? Te lo dice UmbriaSì

Quando il trambusto delle feste natalizie si placa, Gennaio diventa il mese perfetto per una vacanza all’insegna del relax e della scoperta. L’Umbria, con i suoi borghi tranquilli, i paesaggi invernali e i sapori autentici, offre un’esperienza unica per iniziare l’anno nel modo migliore.

Ecco le nostre tre tips su cosa fare in Umbria in Gennaio

Scopri la bellezza della natura invernale

Le colline umbre, i boschi e i parchi naturali in gennaio si tingono di sfumature invernali, regalando paesaggi mozzafiato e un’atmosfera magica. Esplora i sentieri del Monte Subasio o del Parco del Lago Trasimeno, dove la quiete della stagione ti permette di connetterti con la natura in modo autentico. Se sei un amante della fotografia o semplicemente cerchi pace e silenzio, i panorami umbri invernali sapranno sorprenderti.

Esperienze uniche tra arte e cultura

Gennaio è il momento perfetto per dedicarsi a visite culturali senza la folla. Scopri i capolavori artistici dell’Umbria, come gli affreschi di Giotto nella Basilica di San Francesco ad Assisi o le opere del Pinturicchio e del Perugino conservate nei musei locali. Esplorare l’arte umbra in inverno è un’esperienza intima che ti permette di apprezzare appieno la ricchezza storica e culturale della regione.

Riscopri le tradizioni artigianali  

L’Umbria è anche la terra di antiche tradizioni artigianali che, in inverno, si possono vivere in modo più autentico. Visita i laboratori tessili , dove la lavorazione a mano crea opere uniche, oppure scopri le ceramiche dipinte a mano, simbolo di eccellenza locale. Un’esperienza immersiva che ti permette di portare a casa un pezzo della cultura umbra e di apprezzare la passione che anima i maestri artigiani.

💚 Ti Aspettiamo in Umbria 💚

Alla scoperta di Campello sul Clitunno

Il comprensorio di Campello sul Clitunno si suddivide in Campello Alto e Campello Basso: il primo fortificato intorno al Castello risalente al IX-X sec e voluto dal cavaliere proveniente dalla Borgogna, Rovero di Campeaux e il secondo presso le Fonti del Clitunno.

Un gioiello naturale: le Fonti del Clitunno
Sorgenti cristalline ai piedi del monte Brunette, dai colori luminosi che con i raggi del sole risplendono, creando dei giochi di luci, ombre e di riflessi della vegetazione che si specchia in queste acque, rimandando un’immagine di assoluta purezza e spiritualità.
Già note in epoca romana e molti poeti e letterati come Plinio, Virgilio, Properzio, Giovenale, ne decantano le lodi nei loro lasciti, parlando di un luogo assolutamente suggestivo. Il fiume veniva venerato in quanto elemento naturale impersonificato dal Dio Clitunno: le sue acque così pure da rendere immacolati chi vi si immergeva.
Ma le Fonti del Clitunno sono state “fonte” d’ispirazione anche in tempi moderni: come dimenticare l’ode di Carducci:


 Salve, Umbria verde, e tu del puro fonte
nume Clitumno! Sento in cuor l’antica
patria e aleggiarmi su l’accesa fronte
gl’itali iddii

Ancora le Fonti riprese nei dipinti di Corot e decantate ancora da Lord Byron nel quarto canto del Child Harold dedicate all’Umbria:

“Ma tu, o Clitunno! dalla tua dolcissima onda del più lucente cristallo che mai abbia offerto rifugio a ninfa fluviale, per guardarvi dentro e bagnare le sue membra ove nulla le nascondeva, tu innalzi le tue rive erbose lungo le quali pascola il giovenco bianco come il latte; o tu –  il più puro Dio di acque miti, e il più sereno d’aspetto, e il più limpido, invero la tua corrente non fu profanata da carneficine – specchio e vasca per le più giovani figlie della Bellezza”

La ricchissima vegetazione e biodiversità rendono le Fonti del Clitunno un piccolo paradiso tra pioppi cipressini e salici piangenti che con le loro chiome adornano il paesaggio e incorniciano le acque, sono fortemente legati a Napoleone: si narra infatti che provengano dal luogo in cui fu sepolto l’Imperatore a Sant’Elena. Ricca anche la vegetazione nei fondali come: la sedanina selvatica, la coda di cavallo acquatica e il nasturzio acquatico.

Tempietto del Clitunno
Poco distante dalle Fonti del Clitunno, si trova il piccolo ma meraviglioso Tempietto del Clitunno, dal 2011 Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Edificata in epoca paleocristiana (si ipotizza tra il V e VII secolo) con elementi di recupero proventi dai sacelli (dal lat. sacellum, dim. di sacrum “recinto sacro”) pagani del dio Clitunno, fa parte oggi dei sette gioielli riuniti di “I Longobardi in Italia. I luoghi del Potere”.
Sul timpano è ancora oggi possibile vedere le decorazioni che riportano melograno e il grappolo d’uva: se il primo simboleggia la fertilità, l’uva e più in particolare il vino è il simbolo dell’Eucarestia. 

“E sulla tua felice sponda un Tempio, di minuta e delicata struttura, mantiene ancora, sul mite declivio di una collina, il ricordo di te; sotto ad esso scorre la tua placida corrente; spesso guizza fuori da essa il dardeggiante pesce dalle lucenti scaglie, che dimora e giuoca nella tua cristallina profondità; mentre forse qualche sperduto fiore di ninfea passa galleggiando ove il flutto meno profondo ripete ancora le sue gorgoglianti novelle”
Lord Byron

Nel Verde dipinto di Verde
Oltre alle meraviglie naturali, a quelle storiche e ancora quelle legate al Trebbiano Spoletino, i colli di Campello sono adornati di verdi Ulivi che vengono oggi coltivati ancora con i metodi tradizionali e fa di Campelli uno dei sentieri della fascia olivata.
L’ulivo ha origine etrusche e diffuso poi dai romani come bene di lusso. Lo stesso Plinio il Giovane aveva in Umbria diversi ettari dedicati alla coltivazione dell’olivo.

Ciò che resta di questo racconto, è l’auspicio di poter fare esperienza di un luogo assolutamente ricco di bellezza accompagnato da un calice di Trebbiano Spoletino ed una fetta di pane calda con l’olio locale e ammirare così come avevano fatto Lord Byron, Carducci e Plinio, la meraviglia di Campello sul Clitunno.

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Emozioni di coppia on the Road

Gualdo Tadino: un “bosco” di Musei

La città di Gualdo Tadino, originariamente conosciuta con il nome umbro di Tarsina, cadde sotto il dominio romano e le fu attribuito il nome “Tadinum”, divenendo un importante centro di scambio e punto di riferimento lungo la via Flaminia.  Durante il periodo romano visse molte guerre a seguito dei conflitti per il potere tra Cesare e Pompeo.
Altre note devastazioni sono quelle legate alla figura di Annibale e alla resistenza contro i Goti in lotta con i Longobardi nella famosa battaglia di Tagina.

Il nome GUALDO deriva dalla ricostruzione risalente al 996 dopo la distruzione di Ottone III di Sassonia, Imperatore dei Franchi Orientali e Imperatore Romano proprio dal 966; a partire dalla ricostruzione del XI secolo la città assunse il nome longobardo di Gualdo, “bosco, luogo boscoso” – dal tedesco “Wald”. Il riconoscimento formale del nome “Gualdo Tadino” avverrà solo nel 1833 ad opera del Papa Gregorio XVI.

Nel 1237 fu nuovamente distrutta da un incendio e ricostruita da Federico II e dai frati benedettini, principalmente intorno alla grande struttura della Rocca Flea, sul Colle Sant’Angelo.

Per riuscire a vivere Gualdo Tadino immersi nel tempo, nelle meravigliose storie dei cittadini Gualdesi, nelle costruzioni architettoniche e nella cultura che ha contraddistinto la cittadina umbra, il Polo Museale Città di Gualdo Tadino ha racchiuso in un circuito di Musei tutta l’eredità della Città.
Da non perdere sono il Museo Civico Rocca Flea, Museo della Ceramica, il Museo dell’Emigrazione…Scoprili tutti QUI

Ma vediamoli alcuni in dettaglio:

Rocca Flea
Sulla sommità del Colle Sant’Angelo, sorge Rocca Flea, sopraffina architettura militare risalente al XII e ricostruita da Federico II nel 1247.  All’interno, a partire dal 1999, si trova il Museo Civico Rocca Flea.

Il suo nome, derivato dal vicino fiume Flebeo, poi chiamato Feo, compare già in documenti del XII secolo. Con il succedersi delle diverse dominazioni imposte alla città, vi si insediarono dapprima le milizie di Federico Barbarossa, poi quelle del papa e nel 1208 quelle della guelfa Perugia. Danneggiata dai molti conflitti, venne restaurata da Federico II intorno al 1242. Nel XVI secolo divenne la residenza dei legati pontifici, mentre nel 1888 la Rocca diventa sede carceraria. Riportata al suo precedente aspetto grazie a recenti restauri la fortezza è diventata dal 1999 sede del museo civico”

 

Museo della Ceramica

“Il Museo della Ceramica di Casa Cajani è parte di un ampio progetto che ha come obiettivo quello di esporre e valorizzare il patrimonio della città: la collezione civica di ceramiche, proveniente dal pubblico, da acquisizioni e donazioni. Un progetto legato alla storia artistica, produttiva ed economica di questo territorio, che documenta i prestigiosi traguardi raggiunti nel corso dei secoli dalle manifatture ceramiche gualdesi.

Alcune sale del Museo sono interamente dedicate ad Alfredo Santarelli, un omaggio alla sua maestosa opera con manufatti di importanti opifici nati nel ‘900 dall’impronta del Santarelli, come Luca della Robbia, la Società Ceramica Mastro Giorgio e l’Industria Ceramiche Angelo Pascucci. Un’altra sezione è dedicata alla prestigiosa manifattura di Paolo Rubboli che reintrodusse a Gualdo Tadino la tecnica dei lustri oro e rubino di tradizione mastrogiorgesca”.

Museo dell’Emigrazione
“Il Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti nasce per sottolineare il patrimonio storico, culturale ed umano legato al grande esodo emigratorio che coinvolse l’Italia dalla fine dell’Ottocento e che ha riguardato più di 27 milioni di partenze. Realizzato con la tecnica delle proiezioni video, coinvolge il visitatore in un emozionante percorso a ritroso: l’arrivo, il viaggio e la partenza. Documenti, immagini e racconti provenienti da tutte le regioni d’Italia. Un viaggio corale che ha per protagonista l’emigrante: gli addii, l’incontro e lo scontro con il paese straniero, la nostalgia, le gioie e i dolori quotidiani, l’integrazione nella nuova realtà, le sconfitte e le vittorie, il confronto e la riflessione con l’immigrazione di oggi”

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Sulla via della Ceramica

Alla scoperta di Bevagna con UmbriaSì

Nella florida valle dell’Umbria sorge la città di Bevagna, originariamente popolata dagli Umbri con influenze Etrusche. Il nome originario, Mevania, si deve forse ad un gentilizio etrusco di nome Mefana, divenuto Mevania con l’arrivo dei romani.
Importante e forte è il legame che unisce il Sagrantino e Bevagna con profonde e radicate origini:
si legge, infatti, nella Historia Naturalis di Plinio il Vecchio, di un vitigno a bacca nera prodotto nel municipio di Bevagna.

Racchiusa nella sua cinta muraria, Bevagna conobbe un florido sviluppo edilizio con la costruzione di un anfiteatro e terme romane adornate di bellissimi mosaici. Lo stesso anfiteatro, in epoca medievale, fu poi trasformato e divenne parte di una bottega di un artigiano al pian terreno con la sua dimora al piano superiore: di qui il famoso detto “casa e bottega”.

Tra le manifestazioni e rievocazioni storiche umbre, singolare e molto affascinante è quella legata al Mercato delle Gaite che ripropone da oltre 30 anni quella che è stata la quotidianità medievale tra il 1250 e il 1350: come si viveva, cosa si faceva tra i vicoletti di Bevagna.
La Manifestazione prende il nome dai quattro principali quartieri di Bevagna, le Gaite, ed ogni anno, a fine giugno riporta in vita antichi usi e costumi dei bevinati impegnati in quattro gare, Gastronomica, dei Mestieri, del Mercato e Tiro con l’Arco. Musica, cibo, strumenti, vestiti…tutto richiama la Bevagna di quel secolo, un salto storico nel tempo che affascina e stupisce.

Un’altra esperienza è il Circuito dei Mestieri Medievali: dei veri e propri laboratori per poter vivere le arti e i mestieri di quel tempo, tra antichi macchinari, strumentazioni ingegneristiche, che hanno fatto la storia del commercio e della produzione artigianale di Bevagna: il Setificio, la Bottega del Dipintore, la Cartiera di Mastro Cecco e la Cereria.


Passeggiare lungo le vie, tra osterie, locali, vinerie e più moderni winebar in cui sorseggiare un calice di Montefalco Sagrantino o anche nella sua versione spumantizzata per avere brio e freschezza in giornate primaverili in cui il sole è ancora timido ma riscalda quel tanto che basta a farti godere una passeggiata all’aria aperta.

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