L’albero più grande del mondo a Gubbio

Ufficialmente la data di nascita del Progetto e della realizzazione dell’Albero che si adagia sulle dolci pendici del Monte Igino a Gubbio risale al 1891 ricevendo nel 1991 il Guinness dei Primati come l’albero di Natale più grande del mondo.
Oggi come da tradizione trentennale l’Albero più grande al Mondo di Gubbio viene acceso a inizio dicembre e spento la seconda domenica di gennaio.

Sicuramente è tra le attrattive natalizie più d’impatto non solo per l’Umbria, arrivando ad accogliere visitatori che si affollano per ammirare l’albero più grande del mondo da tutta l’Italia e dall’estero.

Collocato lungo le pendici del Monte Igino, è composto da circa 800 luci alimentate da fonti rinnovabili e pertanto non solo un progetto a grande impatto turistico ma anche ecosostenibile.
L’Albero di Gubbio è largo 450 metri e alto 750 e misura 13 mila metri quadrati, raggiungendo la Basilica di Sant’Ubaldo sulla cima della montagna.

Il Natale di Gubbio

Il Comitato che dal 1992 (anno della sua fondazione giuridica) si occupa della realizzazione dell’Albero e in un certo senso anche della promozione turistica della città di Gubbio a Natale, è dedicata, e ne prende il nome, a Mario Santini, l’ideatore del progetto. Ogni anno l’Albero viene acceso da personalità importanti come quella di Papa Francesco ma anche da “luoghi” importanti come nel 2017 acceso da Paolo Nespoli direttamente dallo Spazio.

Gubbio e la Magia del Natale si accede non solo con le luci dell’Albero più grande del Mondo, con il suo fascino, la sua maestosità, attirando la curiosità dai più piccini e la meraviglia dei più grandi, ma si adorna dell’atmosfera natalizia anche grazie all’iniziativa Christmas Land con mercatini, il tour sul Trenino di Babbo Natale, il Villaggio di Babbo Natale e tante iniziative a tema. 

La storia del Presepe di San Francesco

L’Umbria è una terra di antiche tradizioni e profonda spiritualità. Con l’articolo di oggi dal sapore natalizio ci immergeremo in una delle tradizioni più significative: il Presepe di San Francesco di Assisi.
Questa rappresentazione sacra è una testimonianza del patrimonio culturale e religioso umbro, un’icona di fede e devozione che attrae visitatori da tutto il mondo.

La Nascita del Presepe di San Francesco
Il Presepe di San Francesco ha radici antiche che affondano nel XIII secolo.
La storia narra che nel 1223, San Francesco d’Assisi, il Patrono d’Italia e fondatore dell’ordine francescano, creò la prima rappresentazione vivente del Presepe nella città umbra di Greccio, che quest’anno festeggia l’ottavo centenario della prima rappresentazione. Il Presepe fu un vero e proprio dono alla nascita di Gesù Cristo e San Francesco ha così dato inizio a una tradizione che dura da secoli in tutta l’Italia e oltre.

La rappresentazione del Presepe a Greccio  fu concepita da  San Francesco come una grotta spoglia, con una mangiatoia logora, e al centro il Santo con le sue preghiere, gli inni alla vita, i canti santi e la sua profonda devozione.
È in questa atmosfera che il Bambin Gesù si fa presente.

Oggi come allora, il Presepe non è solo una rappresentazione artistica, ma anche un potente simbolo spirituale. Rappresenta, infatti,  l’umiltà, la semplicità e l’amore che San Francesco aveva per il bambino Gesù. Questa tradizione incarna l’essenza della fede cristiana e la importanza di riflettere sui veri valori del Natale: l’amore, la compassione e la condivisione.

La Magia del Presepe Umbro
Ogni anno, nel periodo natalizio, i piccoli borghi e le città dell’Umbria si animano con la magia del Presepe di San Francesco. Le strade si riempiono di luci scintillanti, musiche natalizie e l’aria si impregna di profumo di castagne arrostite e vin brulé.
I cittadini si dedicano con passione alla creazione di scenari intricati e dettagliati che raffigurano la natività. Case, strade e piazze vengono trasformate in veri e propri dipinti viventi, che catturano l’attenzione e l’ammirazione di residenti e turisti.

Il presepe umbro si distingue per la sua autenticità e per la cura dei dettagli, che catturano l’essenza della vita quotidiana dell’epoca. Le statuine, realizzate con maestria da artigiani locali, sono spesso fatte a mano e dipinte con colori vivaci, donando al presepe un realismo toccante.

Visitare l’Umbria durante il Periodo Natalizio
Per chiunque voglia vivere questa esperienza unica, visitare l’Umbria durante il periodo natalizio è un’esperienza indimenticabile. Oltre a contemplare i meravigliosi Presepi di San Francesco, i presepi viventi nei diversi borghi storici e medievali, ci sono sparsi i Mercatini di Babbo Natale in location suggestive come quello di Perugia nella Rocca Paolina, o ancora l’Albero più grande del mondo a Gubbio o l’Albero più grande del mondo sull’acqua sul Lago Trasimeno…

Non perdere questi fantastici appuntamenti, ti aspettiamo per il tuo Natale in Umbria!

 

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Cosa fare in un giorno a Perugia

“A Perugia si respirano la grazia, la gentilezza ed una specie di dolcezza morale come sciolta nell’aria. Dentro le cerchia delle mura di Perugia vi sono i segni di tutti i secoli e di tutti gli stili, dall’etrusco al neoclassico. Perugia è tra le più dense capitali dell’arte” –
Guido Piovene, giornalista e scrittore

Con queste bellissime parole dedicate a Perugia, diamo il via a questa nuova rubrica: le città da visitare tutte d’un fiato in un solo giorno!

Benvenuti a Perugia, la città del cioccolato, del Jazz, dell’arte, della moda, della storia millenaria dagli etruschi ad oggi.
La città a “misura d’uomo” che puoi visitare tranquillamente a piedi passeggiando tra le piazze e i vicoletti, ammirando i suoi panorami mozzafiato e gustando le specialità tradizionali.
Siete pronti? Scarpe comode e voglia di fotografare

  1. Piazza IV Novembre e la Fontana Maggiore
    Iniziamo subito con il cuore della città, la Piazza come cartolina simbolo di Perugia, situata alla fine di Corso Vannucci, il corso principale che viene simpaticamente definito dai Perugini come la “vasca”, simbologia con le vasche delle piscine per la sua forma lunga e il tipico passeggiare avanti e indietro tra boutique, ristoranti tradizionali e fusion, pasticcerie storiche, e cioccolaterie. La Fontana Maggiore fu costruita in stile gotico tra il 1275 e il 1278 da Nicola e Giovanni Pisano: incisi vi sono 50 bassorilievi e 24 statue che rappresentano i 12 mesi dell’anno con le principali attività agricoli e i segni zodiacali e con storie del vecchio e nuovo Testamento. Le 24 statuette sono la rappresentazione di santi e personaggi mitologici e biblici oltre alla raffigurazione del Grifo, il simbolo della città di Perugia.
    A due passi dalla Fontana vi è l’accesso allo Scavo Archeologico di Perugia Sotterranea, un bellissimo tuffo bel passato camminando tra le stradine etrusche pima e romane poi.
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  2. Palazzo dei Priori
    Un elegante edificio in stile gotico con finestre a trifora risalente al XII sec. Oggi sede del Comune e della Galleria Nazionale dell’Umbria, che ospita fino a giugno 2023 la Mostra del Perugino  per il suo Cinquecentenario della sua morte, oltre a capolavori dell’arte italiana dal Medioevo fino al ‘500. Al piano terra di Palazzo dei Priori vi sono anche il Collegio del Cambio e il Collegio della Mercanzia lungo Corso Vannucci.
    Potresti approfittare per una gustosa degustazione di cioccolato, esperienza imprescindibile nella Città più dolce d’Italia.
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  3. Porta Sole
    Da qui il panorama è mozzafiato. Porta Sole è una delle 5 porte facente parte dell’antica cinta muraria di Perugia, e inoltre uno dei Rione Medievale del Centro.
    Fermatevi un secondo e ammirate il panorama, le antiche mura ancora visibili e la lunga scalinata molto suggestiva di Via delle Prome che vi portano direttamente all’Arco Etrusco.
    Citata anche da Dante nella Divina Commedia, nel Canto XI del Paradiso:

 «Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto dal Beato Ubaldo
fertile costa d’alto monte pende

onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole, e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo»

  1. Arco Etrusco
    Conosciuto anche come Arco di Augusto è un’altra delle Porte di accesso di Perugia.  Costruito nel III secolo a.C e ristrutturato nel 40 a.C da Augusto. Bellissimo e imponente vi lascerà di stucco.
  1. Acquedotto
    Adesso che vi ho fatto camminare in discesa, è ora di farvi camminare in salita, percorrendo l’Acquedotto, ma è un’esperienza che assolutamente non potete non fare a Perugia. L’Acquedotto è infatti famoso per la sua scalinata che però qui non cambia, restando ferma (Semicitazione di Hermione in Harry Potter e la Pietra Filosofare “Alle scale piace cambiare”)!
    Arrivati in cima, prendente fiato e giratevi. Bellissima la vista sull’antico acquedotto medievale che riforniva proprio la Fontana Maggiore.
  2. Rocca Paolina e i Giardini Carducci
    A  questo punto siete ritornati in Centro, una “vasca” in Corso Vannucci e siete nel lato opposto di Piazza IV Novembre. Qui potrete riposarvi ai Giardini Carducci su una delle panchine che affacciano sul meraviglioso panorama dell’Umbria, ammirerete la statua appena restaurata del Perugino.
    Siete pronti poi per scendere sotto la Rocca Paolina, fortezza risalente al ‘500 e voluta da Papa Paolo III. Oggi è un punto di collegamento tra Piazza Partigiana (in cui troverete il bus terminal e il parcheggio) ma anche un bellissimo luogo storico in cui vengono allestite Mostre d’Arte e i Mercatini (come quelli di Natale).

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Passeggiando tra la storia di Perugia in famiglia

Alla scoperta di Campello sul Clitunno

Il comprensorio di Campello sul Clitunno si suddivide in Campello Alto e Campello Basso: il primo fortificato intorno al Castello risalente al IX-X sec e voluto dal cavaliere proveniente dalla Borgogna, Rovero di Campeaux e il secondo presso le Fonti del Clitunno.

Un gioiello naturale: le Fonti del Clitunno
Sorgenti cristalline ai piedi del monte Brunette, dai colori luminosi che con i raggi del sole risplendono, creando dei giochi di luci, ombre e di riflessi della vegetazione che si specchia in queste acque, rimandando un’immagine di assoluta purezza e spiritualità.
Già note in epoca romana e molti poeti e letterati come Plinio, Virgilio, Properzio, Giovenale, ne decantano le lodi nei loro lasciti, parlando di un luogo assolutamente suggestivo. Il fiume veniva venerato in quanto elemento naturale impersonificato dal Dio Clitunno: le sue acque così pure da rendere immacolati chi vi si immergeva.
Ma le Fonti del Clitunno sono state “fonte” d’ispirazione anche in tempi moderni: come dimenticare l’ode di Carducci:


 Salve, Umbria verde, e tu del puro fonte
nume Clitumno! Sento in cuor l’antica
patria e aleggiarmi su l’accesa fronte
gl’itali iddii

Ancora le Fonti riprese nei dipinti di Corot e decantate ancora da Lord Byron nel quarto canto del Child Harold dedicate all’Umbria:

“Ma tu, o Clitunno! dalla tua dolcissima onda del più lucente cristallo che mai abbia offerto rifugio a ninfa fluviale, per guardarvi dentro e bagnare le sue membra ove nulla le nascondeva, tu innalzi le tue rive erbose lungo le quali pascola il giovenco bianco come il latte; o tu –  il più puro Dio di acque miti, e il più sereno d’aspetto, e il più limpido, invero la tua corrente non fu profanata da carneficine – specchio e vasca per le più giovani figlie della Bellezza”

La ricchissima vegetazione e biodiversità rendono le Fonti del Clitunno un piccolo paradiso tra pioppi cipressini e salici piangenti che con le loro chiome adornano il paesaggio e incorniciano le acque, sono fortemente legati a Napoleone: si narra infatti che provengano dal luogo in cui fu sepolto l’Imperatore a Sant’Elena. Ricca anche la vegetazione nei fondali come: la sedanina selvatica, la coda di cavallo acquatica e il nasturzio acquatico.

Tempietto del Clitunno
Poco distante dalle Fonti del Clitunno, si trova il piccolo ma meraviglioso Tempietto del Clitunno, dal 2011 Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Edificata in epoca paleocristiana (si ipotizza tra il V e VII secolo) con elementi di recupero proventi dai sacelli (dal lat. sacellum, dim. di sacrum “recinto sacro”) pagani del dio Clitunno, fa parte oggi dei sette gioielli riuniti di “I Longobardi in Italia. I luoghi del Potere”.
Sul timpano è ancora oggi possibile vedere le decorazioni che riportano melograno e il grappolo d’uva: se il primo simboleggia la fertilità, l’uva e più in particolare il vino è il simbolo dell’Eucarestia. 

“E sulla tua felice sponda un Tempio, di minuta e delicata struttura, mantiene ancora, sul mite declivio di una collina, il ricordo di te; sotto ad esso scorre la tua placida corrente; spesso guizza fuori da essa il dardeggiante pesce dalle lucenti scaglie, che dimora e giuoca nella tua cristallina profondità; mentre forse qualche sperduto fiore di ninfea passa galleggiando ove il flutto meno profondo ripete ancora le sue gorgoglianti novelle”
Lord Byron

Nel Verde dipinto di Verde
Oltre alle meraviglie naturali, a quelle storiche e ancora quelle legate al Trebbiano Spoletino, i colli di Campello sono adornati di verdi Ulivi che vengono oggi coltivati ancora con i metodi tradizionali e fa di Campelli uno dei sentieri della fascia olivata.
L’ulivo ha origine etrusche e diffuso poi dai romani come bene di lusso. Lo stesso Plinio il Giovane aveva in Umbria diversi ettari dedicati alla coltivazione dell’olivo.

Ciò che resta di questo racconto, è l’auspicio di poter fare esperienza di un luogo assolutamente ricco di bellezza accompagnato da un calice di Trebbiano Spoletino ed una fetta di pane calda con l’olio locale e ammirare così come avevano fatto Lord Byron, Carducci e Plinio, la meraviglia di Campello sul Clitunno.

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Gualdo Tadino: un “bosco” di Musei

La città di Gualdo Tadino, originariamente conosciuta con il nome umbro di Tarsina, cadde sotto il dominio romano e le fu attribuito il nome “Tadinum”, divenendo un importante centro di scambio e punto di riferimento lungo la via Flaminia.  Durante il periodo romano visse molte guerre a seguito dei conflitti per il potere tra Cesare e Pompeo.
Altre note devastazioni sono quelle legate alla figura di Annibale e alla resistenza contro i Goti in lotta con i Longobardi nella famosa battaglia di Tagina.

Il nome GUALDO deriva dalla ricostruzione risalente al 996 dopo la distruzione di Ottone III di Sassonia, Imperatore dei Franchi Orientali e Imperatore Romano proprio dal 966; a partire dalla ricostruzione del XI secolo la città assunse il nome longobardo di Gualdo, “bosco, luogo boscoso” – dal tedesco “Wald”. Il riconoscimento formale del nome “Gualdo Tadino” avverrà solo nel 1833 ad opera del Papa Gregorio XVI.

Nel 1237 fu nuovamente distrutta da un incendio e ricostruita da Federico II e dai frati benedettini, principalmente intorno alla grande struttura della Rocca Flea, sul Colle Sant’Angelo.

Per riuscire a vivere Gualdo Tadino immersi nel tempo, nelle meravigliose storie dei cittadini Gualdesi, nelle costruzioni architettoniche e nella cultura che ha contraddistinto la cittadina umbra, il Polo Museale Città di Gualdo Tadino ha racchiuso in un circuito di Musei tutta l’eredità della Città.
Da non perdere sono il Museo Civico Rocca Flea, Museo della Ceramica, il Museo dell’Emigrazione…Scoprili tutti QUI

Ma vediamoli alcuni in dettaglio:

Rocca Flea
Sulla sommità del Colle Sant’Angelo, sorge Rocca Flea, sopraffina architettura militare risalente al XII e ricostruita da Federico II nel 1247.  All’interno, a partire dal 1999, si trova il Museo Civico Rocca Flea.

Il suo nome, derivato dal vicino fiume Flebeo, poi chiamato Feo, compare già in documenti del XII secolo. Con il succedersi delle diverse dominazioni imposte alla città, vi si insediarono dapprima le milizie di Federico Barbarossa, poi quelle del papa e nel 1208 quelle della guelfa Perugia. Danneggiata dai molti conflitti, venne restaurata da Federico II intorno al 1242. Nel XVI secolo divenne la residenza dei legati pontifici, mentre nel 1888 la Rocca diventa sede carceraria. Riportata al suo precedente aspetto grazie a recenti restauri la fortezza è diventata dal 1999 sede del museo civico”

 

Museo della Ceramica

“Il Museo della Ceramica di Casa Cajani è parte di un ampio progetto che ha come obiettivo quello di esporre e valorizzare il patrimonio della città: la collezione civica di ceramiche, proveniente dal pubblico, da acquisizioni e donazioni. Un progetto legato alla storia artistica, produttiva ed economica di questo territorio, che documenta i prestigiosi traguardi raggiunti nel corso dei secoli dalle manifatture ceramiche gualdesi.

Alcune sale del Museo sono interamente dedicate ad Alfredo Santarelli, un omaggio alla sua maestosa opera con manufatti di importanti opifici nati nel ‘900 dall’impronta del Santarelli, come Luca della Robbia, la Società Ceramica Mastro Giorgio e l’Industria Ceramiche Angelo Pascucci. Un’altra sezione è dedicata alla prestigiosa manifattura di Paolo Rubboli che reintrodusse a Gualdo Tadino la tecnica dei lustri oro e rubino di tradizione mastrogiorgesca”.

Museo dell’Emigrazione
“Il Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti nasce per sottolineare il patrimonio storico, culturale ed umano legato al grande esodo emigratorio che coinvolse l’Italia dalla fine dell’Ottocento e che ha riguardato più di 27 milioni di partenze. Realizzato con la tecnica delle proiezioni video, coinvolge il visitatore in un emozionante percorso a ritroso: l’arrivo, il viaggio e la partenza. Documenti, immagini e racconti provenienti da tutte le regioni d’Italia. Un viaggio corale che ha per protagonista l’emigrante: gli addii, l’incontro e lo scontro con il paese straniero, la nostalgia, le gioie e i dolori quotidiani, l’integrazione nella nuova realtà, le sconfitte e le vittorie, il confronto e la riflessione con l’immigrazione di oggi”

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Sulla via della Ceramica

Alla scoperta di Bevagna con UmbriaSì

Nella florida valle dell’Umbria sorge la città di Bevagna, originariamente popolata dagli Umbri con influenze Etrusche. Il nome originario, Mevania, si deve forse ad un gentilizio etrusco di nome Mefana, divenuto Mevania con l’arrivo dei romani.
Importante e forte è il legame che unisce il Sagrantino e Bevagna con profonde e radicate origini:
si legge, infatti, nella Historia Naturalis di Plinio il Vecchio, di un vitigno a bacca nera prodotto nel municipio di Bevagna.

Racchiusa nella sua cinta muraria, Bevagna conobbe un florido sviluppo edilizio con la costruzione di un anfiteatro e terme romane adornate di bellissimi mosaici. Lo stesso anfiteatro, in epoca medievale, fu poi trasformato e divenne parte di una bottega di un artigiano al pian terreno con la sua dimora al piano superiore: di qui il famoso detto “casa e bottega”.

Tra le manifestazioni e rievocazioni storiche umbre, singolare e molto affascinante è quella legata al Mercato delle Gaite che ripropone da oltre 30 anni quella che è stata la quotidianità medievale tra il 1250 e il 1350: come si viveva, cosa si faceva tra i vicoletti di Bevagna.
La Manifestazione prende il nome dai quattro principali quartieri di Bevagna, le Gaite, ed ogni anno, a fine giugno riporta in vita antichi usi e costumi dei bevinati impegnati in quattro gare, Gastronomica, dei Mestieri, del Mercato e Tiro con l’Arco. Musica, cibo, strumenti, vestiti…tutto richiama la Bevagna di quel secolo, un salto storico nel tempo che affascina e stupisce.

Un’altra esperienza è il Circuito dei Mestieri Medievali: dei veri e propri laboratori per poter vivere le arti e i mestieri di quel tempo, tra antichi macchinari, strumentazioni ingegneristiche, che hanno fatto la storia del commercio e della produzione artigianale di Bevagna: il Setificio, la Bottega del Dipintore, la Cartiera di Mastro Cecco e la Cereria.


Passeggiare lungo le vie, tra osterie, locali, vinerie e più moderni winebar in cui sorseggiare un calice di Montefalco Sagrantino o anche nella sua versione spumantizzata per avere brio e freschezza in giornate primaverili in cui il sole è ancora timido ma riscalda quel tanto che basta a farti godere una passeggiata all’aria aperta.

Visita Bevagna con UmbriaSì

Weekend Gustoso in Umbria tra i Borghi più belli d'Italia

A Gubbio puoi prendere la patente da Matto!

Per sentirvi un po’ Alice del paese delle Meraviglie, un po’ il Cappellaio, vi portiamo a Gubbio, tra le più belle città medievali dell’Umbria, conosciuta anche con il nome romano di Iguvium, ricca di storia, monumenti, opere architettoniche e …famosa anche per essere nota come la Città dei Matti!

Ebbene in quanto tale, nella città eugubina potrete prendere anche la Patente da Matto con tanto di Pergamena. Tutto nasce e ruota intono alla Fontana del Bargello, costruita intorno al ‘500, posta dinanzi a Palazzo Bargello nel cuore del centro storico di Gubbio e rinomata per essere la Fontana dei Matti!

Il tutto risale ad una pratica antica del 1880 e in uso ancora oggi per i cittadini eugubini ma anche per tutti i turisti in viaggio a Gubbio!
Attenzione! Anche la patente dei Matti richiede requisiti e si fonda su una rigida regolamentazione:

  1. Deve essere un Eugubino doc a richiedere in vostra vece la Patente da Matto
  2. Versare un contributo all’Associazione Maggio Eugubino
  3. Fare 3 giri intorno alla Fontana dei Matti alla presenza di un Eugubino Matto doc!
  4. Essere “battezzati” dagli spruzzi d’acqua provenienti dalla stessa Fontana dei Matti.

Dopo aver superato la prova, la stessa Associazione vi concederà la Pergamena di Licenza da Matto scritta con stilemi medievali.

La tradizione dei Matti è legata ai giri, le “birate”, che si effettuano intorno al pennone principale di Piazza Grande durante la famosa e folkloristica festa dei Ceri che si tiene ogni anno il 15 maggio.

Eugubini, matti Rocciosi!
Secondi alcuni studi geologici, intorno alla città avrebbero rilevato conformazioni rocciose contaminate da una sostanza chimica, lo iridio, altamente tossica, che potrebbe in qualche modo spiegare la “pazzia” degli eugubini.

 

UmbriaSì racconta il Perugino

UmbriaSì racconta il Perugino, Il Meglio Maestro d'Italia

 

 

C’è stato grande fermento in questi mesi in Umbria per i preparativi della grande Mostra dedicata al Perugino il Divin Pittore.
Dal 4 marzo si tiene a Perugia la mostra per il 500imo anniversario dalla morte di Pietro Vannucci alla Galleria Nazionale dell’Umbria fino all’11 giugno, dal nome il Meglio Maestro d’Italia” così come fu definito nel 1500 da Agostino Chigi, grande estimatore d’arte e mecenate del suo tempo.
Ripercorriamo insieme la vita del Perugino, le sue opere artistiche, per farvi vivere l’arte del Divin Pittore che riecheggia non solo in tutta l’Umbria e Italia, ma in tutto il mondo.

Pietro di Cristoforo Vannucci
Nato nel 1448 a Città della Pieve e morto nel 1523 a Fontignano, da una famiglia benestante e importante nel panorama politico umbro; difatti il padre del Perugino, Cristoforo di Pietro di Giovanni, nel 1459 ricoprì la carica di Priore di Città della Pieve.
Il nome Vannucci, come era nota la famiglia, deriva dal nome del bisnonno, Giovanni, conosciuto con il diminutivo di Vannuccio.
Tanti gli appellativi che ne contraddistinsero l’arte, la produzione e la fama oltre la definizione di “Miglior Maestro d’Italia”, di Divin Pittore, così come si legge nei versi del Pittore Giovanni Santi, padre di Raffaello, di cui fu maestro, e “Il Perugino” al di fuori dei confini regionali. Perugia, infatti, era ben più nota e florida dal punto di vista di produzioni artistiche, rispetto ad altre città umbre.

Pietro Vannucci, poco più che ventenne, iniziò la sua formazione artistica proprio a Città della Pieve, in botteghe di pittori senesi. Nel 1460 è già riconosciuto per il suo talento tanto da essere apprendista accompagnatore ad Arezzo di Piero della Francesca. Dieci anni dopo, frequenta la bottega più famosa di Firenze, quella di Andrea Verrocchio in cui si pratica l’arte dell’oreficeria, della scultura e della pittura. L’ambiente fiorentino da modo a Pietro Vannucci di conoscere e venire in contatto con altri artisti come Botticcelli, Filippo Lippi e Leonardo.
Nel 1472 il Perugino termina il suo apprendistato e comincia la sua carriera di pittore dopi essersi iscritto alla Compagnia di San Luca come “dipintore”.
Una sua importante opera perduta, ma testimoniata dal pagamento effettuato in suo favore, fu la  commissione della decorazione della Sala Grande del Palazzo dei Priori da parte del Comune di Perugia nel 1475.
La fama del Perugino continua a crescere e dal 1478 sarà impegnato a Roma, per volontà di Papa Sisti IV, per la decorazione della Basilica di San Pietro in Vaticano prima, e la Cappella Sistina dopo, con la famosa scena della “Consegna delle Chiavi” (in cui è visibile un autoritratto del Pittore). In questa occasione entrerà in contattato con altri pittori come Cosimo Rosselli, Bernardino di Betto Betti detto il Pinturicchio e Luca Signorelli

Nel 1493 sposa a Fiesole la donna che sarà per lui la sua grande Musa ispiratrice, soprattutto per i volti delle Madonne da lui dipinte (come la Madonna con Bambino e Madonna con Bambino tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano), Chiara Fancelli, figlia dello scultore e architetto Luca Fancelli, allievo del Brunelleschi. Dal loro matrimonio nacquero 5 figli, ed ella decise di stabilirsi a Firenze, in considerazione anche del fatto che il Divin Pittore avesse a Firenze, oltre che a Perugia, la sua bottega.
Il Divin Pittore nel 1498 è chiamato ad affrescare la Sala del Collegio del Cambio (sede del cambiavalute) con il Ciclo delle Virtù.
Dal 1500, il Perugino si dedica alla realizzazione opere nella sua Umbria, testimoniata dalla presenza dei tratti tipici della regione come dolci colline e paesaggi ricchi di verde a Città della Pieve, sua terra natìa, ma anche Spello Foligno, Panicale, Trevi e Perugia.

 

Il Divin Pittore muore nel 1523 di peste bubbonica a Fontignano, e sepolto sotto di un albero. Nel 1925 furono ritrovati i suoi resti accanto a pentolini di colore. Nel 1929 fu posto nell’urna con l’epigrafe PETRVS-PERVSINVS-PICTOR e trasferito nella chiesa di Santa Maria dell’Annunziata, sempre a Fontignano, dove probabilmente il Perugino stava dipingendo “La Madonna con Bambino” commissionata nel 1521 dalla confraternita dell’Annunziata.

Credit foto:
Nation Gallery of Art

 

Big Bench in Umbria: ammirare la vita da un’altra prospettiva

Le tanto discusse e amate “Panchine Giganti” sono arrivate anche in Umbria con cinque installazioni rispettivamente a Colle Umberto, Città di Castello, Bevagna, Preci e Montefalco.

Ma cosa sono esattamente le Big Bench?

“’Da te, gli uomini’, disse il Piccolo Principe, ‘coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano… E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua… Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore’.”– dal Piccolo Principe

Le Big Bench sono delle installazioni, delle opere d’arte che incontrano l’uomo, ideate e progettate dall’architetto americano Chris Bangle e sua moglie Catherine.
Panchine Giganti su cui è possibile salire ammirando il panorama da un’altra prospettiva, sentendosi bambini di fronte all’immensità della bellezza che la vita offre quotidianamente e che forse, presi dai ritmi del quotidiano, dimentichiamo. Le Big Bench, un po’ come il Piccolo Principe, ci ricordano che forse tutto quello di cui abbiamo bisogno ci sembra lontano, grande, difficile, se solo ricordassimo di guardare con il cuore.

Ma vediamo nello specifico come nascono
Nascono nel 2010 quando il sopracitato archetto e designer Chris Bangle, trasferitosi nelle Langhe, in Piemonte, decise di realizzare la prima panchina fuori scala a Clavesana.
Dall’entusiasmo di molti, ne conseguì un progetto nato senza scopro di lucro e senza finanziamenti pubblici, volto non solo a far incontrare l’arte, la natura e l’uomo, ma anche un concetto di turismo ecosostenibile, installando le Big Bench in borghi piccoli o poco conosciuti, favorendo un flusso di curiosità e turismo, sostenendo le eccellenze artigianali e le comunità locali.

Attualmente le panchine costruite sono 273 e 66 in costruzione, e la Big Bench Community Project è divenuta una Fondazione no profit e senza scopo di lucro con la volontà, non solo di espandere l’idea dell Big Bench come progetto legato al turismo, al territorio e alla natura, finanche di devolvere in beneficenza i proventi derivanti da azioni di marketing e promozionali ai comuni in cui sorgono le Grandi Panchine, con una particolare attenzione alle scuole o alle istituzioni culturali. I luoghi di preferenza per far sorgere queste opere d’arte moderna accessibile a tutti e condivisibile da tutti, sono punti panoramici, completamente immersi nel verde, tra campi di lavanda, vigneti e oliveti.

Chi può costruirle
Naturalmente le Big Bench sono coperte da copyright ma il Designer Chris fornisce gratuitamente il progetto e le modalità di realizzazione dell’installazione dopo aver fatto richiesta, presentando il luogo dove si pensa di far nascere la Grande Panchina, realizzata senza fondi pubblici ma con donazioni volontarie, a patto che vi si rispetti la natura, le comunità locali e siano soprattutto fonte i sostenibilità e scambio culturale e relazionale. Anche il colore viene progettato a seconda del luogo, in modo da avere un’installazione che sia tutt’uno così la natura, in completa armonia.

Passaporto del Turista Panchinista
Le Big Bench sono un fenomeno in continua espansione, dal Piemonte sono arrivate in quasi tutta l’Italia e con alcune installazioni anche all’estero. Ciò spiega il sentimento collettivo che si è sprigionato alla ricerca delle Panchine e soprattutto dei paesaggi mozzafiato: da qui l’esigenza di creare un “Passaporto” che viene timbrato ogni volta che il turista “Panchinista” scopre, vive e condivide l’esperienza della Grande Panchina.
Tutte le panchine sono naturalmente segnalate sul sito ufficiale o tramite apposita App gratuita.

Le Big Bench in Umbria
Un momento per sé, ma anche da condividere, per ammirare il paesaggio, ascoltare la natura, vivere un’esperienza seduto su una Panchina Gigante.
Le due Big Bench installate in Umbria, tra campagne e oliveti secolari, rappresentano, insieme a tutte le altre installate in giro per l’Italia, un vero e proprio motore turistico di qualità e simbolo di eccellenze paesaggistiche, artigianali, enogastronomiche e culturali.