Le ricette Umbre di Carnevale

#INCUCINA CON UMBRIASI

Vi avevamo parlato del Carnevale, delle sue origini e dei dolci tradizionali dell’Umbria in questo articolo.
Oggi qui vi riportiamo le ricette del Carnevale:
Preparate il grembiulino, la spianatoia e pronti ad impastare e poi gustare!

LE FRAPPE

Ingredienti

Per l’impasto
500 gr di farina 00
3 uova
Buccia di limone qb
1 cucchiaino di lievito in polvere
250 g di burro
100 gr di zucchero
1 pizzico di sale

Per la frittura
1 litro di olio di semi di arachidi

Per decorare

Zucchero a velo/miele o alchermes

Procedimento

Creare sulla spianatoia una fontana di farina e disporre al centro il lievito in polvere, cominciare a mischiare farina e lievito, poi sempre al centro aggiungere uova, la buccia di limone (fate attenzione alla parte bianca del limone che è più amaricante) e il pizzico di sale. Una volta amalgamati gli ingredienti, aggiungere il burro a temperatura ambiente e lo zucchero. L’impasto sarà pronto quando risulterà liscio, omogeneo e che si staccherà facilmente dalle mani. Lasciate riposare l’impasto  30 minuti coperta da una pellicola.
Trascorsi i 30 minuti, stendere l’impasto con un mattarello sino a formare una sfoglia non troppo sottile. Con la rondellina tagliate la sfoglia a striscioline di forma rettangolare con un piccolo taglio al centro dove far passare in mezzo un’estremità della frappa, simulando un fiocco.
Friggete le frappe in olio caldo per circa 5 minuti. Una volta pronte e raffreddate, decoratele con zucchero a velo, miele o alchermes come più vi piace!

LE CASTAGNOLE

Ingredienti
Per l’impasto
230 gr di farina 00
2 uova

½ Bustina di lievito per dolci
4 Cucchiai di zucchero
1 bicchierino di liquore (mistrà, sambuca)
50 ml di latte a temperatura ambiente
2 cucchiai di olio di oliva extra vergine 
Buccia di limone q.b
1 pizzico di sale

Per friggere
Abbondante olio di semi di arachide

Per decorare
Zucchero a velo/miele o alchermes e confettini colorati

Procedimento
Rompete in una ciotolina le uova e mescolare con lo zucchero fino ad avere una consistenza spumosa e leggera. Lo zucchero deve essere ben amalgamato. Aggiungete la sambuca, e a filo il latte e l’olio ed infine la buccia di limone grattugiata (attenzione alla parte bianca, come sopra!). Mescolare il tutto fino a far amalgamare bene tutti gli ingredienti. Aggiungete poi la farina e il lievito fino ad ottenere una consistenza simile ad una pastella.
Lasciate riposare il composto coperto per circa 10-15 minuti.

Versate la pastella in olio caldo (aiutateti con un cucchiaio per formare le palline) e giratele a metà cottura. Una volta pronte, decorate con zucchero miele alchermes e zuccherini colorati

N.B Ci sono delle varianti che prevedono di farcirle anche con crema, crema al cioccolato o panna!

GLI STRUFOLI

Ingredienti
Per l’impasto
400 gr di farina
6 uova
6 cucchiai di zucchero
1 bicchierino di Mistrà o Sambuca
1 Buccia di limone e succo di limone
1 tazzina di latte
25 g di lievito per dolci
6 cucchiaini di olio di oliva extra vergine

Per friggere
2 litri d’olio di semi di arachide

Per decorare
Miele

Procedimento
Con una frusta, sbattete i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una consistenza spumosa, Montate a neve i restanti albumi e uniteli ai tuorli e amalgamate bene. Aggiungete la bucci di limone e a filo l’olio e il latte.
Aggiungete poco alla volta la farina, il lievito, il succo di limone e il liquore. Impastate fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Cospargetelo con dell’olio e copritelo con un canovaccio per lasciarlo riposare almeno 2 ore.

In olio caldo, fate scivolare le palline di impasto. Per aiutare l’impasto a restare tondeggiante fate roteare piano la padella (con i manici) in cui state friggendo gli strufoli (mi raccomando state attenti!)
Una volta raffreddati, cospargeteli di miele sciolto a bagno maria.

 

LA CICERCHIATA UMBRA

Ingredienti
Per l’impasto
300 gr di farina 00
30 gr di burro
3 uova
1/2 buccia di limone grattugiata
Alchermes qb

Per friggere
2 litri d’olio di semi di arachide

Per decorare
400 gr di Miele
confettini colorati
frutta secca tipo mandorle tagliate a lamelle
100 gr di canditi

Procedimento
Su di una spianatoia, impastate fino ad ottenere una consistenza omogenea e liscia, la farina, con le uova, la buccia di limone, il burro a temperatura ambiente e il liquore.
Creare dei salsicciotti dall’impasto da cui ricavare le palline irregolari tagliare con un coltello e friggetele in olio caldo. Scaldare il miele e una volta sciolto, versare le palline fritte e amalgamare bene. Poi aggiungere i confettini, i canditi e le mandorle a piacere.
Tagliare quindi a lamelle 150 gr. di mandorle sbucciate.

 

LA CRESCIONDA SPOLETINA

Ingredienti
50 gr di farina 00
70 gr di zucchero
4 uova
500 ml di latte

200 gr di amaretti

50 ml di liquore mistrà

100 gr di cioccolato fondente

1 buccia di limone grattugiata

Procedimento
Con un frullino o un mixer, frullate gli amaretti. Procedete poi montando i tuorli con lo zucchero fino ad una consistenza spumosa; aggiungete poi il cioccolato tritato, il liquore e il latte a filo. In ultimo gli amaretti e la farina poco alla volta, insieme al limone grattugiato.
Montate gli albumi a neve che verranno poi uniti al composto dal basso verso l’alto.

Imburrate e infarinate una teglia (da 24 cm di diametro) e infornate 180° per 60 minuti.

Credit foto:

 UmbriaTourism
Antonio Gravante
Forchettiere.it
Ricette “2Amiche in Cucina”
Fonte Cesia
Kasanova

I dolci di Carnevale in Umbria

L’antico detto latino recita “semel in anno licet insanire – una volta l’anno è lecito impazzire”. 

Le Origini del Carnevale

Il fil rouge che lega il Carnevale, la festa della maschera o del mascheramento per eccellenza, in tutto il mondo pare essere proprio il concetto quanto più lontano da quello che i romani chiamavano mos maiorum, il buon costume, la morale.
Ma prima di arrivare ai romani, facciamo qualche passo indietro.
L’origine del Carnevale risale a be 4000 anni fa con gli egizi e i riti in onore di Iside, Dea della fertilità.
Con i romani , la Festa del Carnevale, viene fatta coincidere con i Lupercali, in onore del Dio Luperco, simbolo della fertilità romana. Il periodo, sia per egizi che per i romani, viene celebrato a fine febbraio.

Tra sacro e profano
Il Carnevale, tra banchetti, feste e maschere, diviene così una sorta di “livella” sociale: un travestimento che nasconde lo status di appartenenza e permette a tutti di mettere da parte la rigidità morale per un giorno.
Con il Cristianesimo, il Carnevale dal latino “carnem levare”, il martedì grasso diviene l’ultimo giorno mangiare carne prima di astenersi dal consumarla durante il periodo della Quaresima ma anche l’ultima occasione per riempirsi la pancia di dolci ricchi di zuccheri!

I dolci di Carnevale in Umbria
 Che sia egizio, romano o cristiano, i “motivi” del Carnevale sono il travestimento (il mascherarsi) e il consumo di cibo, soprattutto dolci!
Vediamo quali sono quelli tipici in Umbria:

  • Le Frappe
    Striscioline di sfoglia dolce a forma di fiocco. Ricoperte di zucchero alchermes o ancora miele, possono essere sia fritte (come da ricetta originale) che nella variante più “light” al forno. Il risultato è in ogni caso una sfoglia croccate, dolce e gustosa.
  • Le Castagnòle
    Il nome deriva proprio dal ricordare delle piccole castagne con la loro forma tondeggiante. L’impasto è composto di farina, uova, zucchero, lievito e un liquore aromatico. Anche questi dolci, come da tradizione, sono fritti facendo particolare attenzione a farli dorare fuori e cuocere ben bene dentro, aiutandoli a restare tondi durante la cottura muovendo la padella in senso rotatorio. Ricoperti poi da zucchero, miele o alchermes.

 

  • Gli Strufoli
    Tradizionali del Perugino, ricordano le castagnole con la differenza di avere una pasta più morbida e sono, diversamente, di dimensioni più grandi. Sono poi ricoperti da dolcissimo miele colante.
  • La Cicerchiata umbra
    Dal nome della Cicerchia umbra, un legume tondeggiante, la cicerchiata è corona di palline dolci e ricoperte di miele.

 

  • La Crescionda spoletina
    Con questo dolce ci spostiamo a Spoleto con la sua Crescionda.
    Originariamente preparata con brodo di gallina, o lo strutto, infatti conosciuta anche come “crescia unta” per essere particolarmente grassa, si aggiungeva poi zucchero, formaggio, cioccolato e pangrattato. O ancora la versione preparata con le mele e frutta secca. Oggi la sua ricetta sposa la modernità utilizzando cioccolato, latte e amaretti. E’, altresì, riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale Umbro.

Credit foto:

 UmbriaTourism
Antonio Gravante
Forchettiere.it
Ricette “2Amiche in Cucina”

Il Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza

L’Umbria, con i suoi pittoreschi paesaggi collinari, i borghi medievali e le profonde radici spirituali, è una delle gemme d’Italia. Tra le numerose attrazioni che questa regione ha da offrire, il Santuario di Collevalenza emerge come un luogo di devozione, speranza e riflessione.

Siamo a pochi chilometri da Todi, il Santuario di Collevalenza fu fondato per volontà di Madre Speranza ed eretto dall’architetto spagnolo Julio Lafuente nel 1951, con l’intento di creare un luogo che rappresentasse ed esprimesse la Misericordia di Dio per tutti i fedeli che avevano commesso un peccato e che chiedevano perdono e conforto spirituale.

Un’architettura che incanta
Oltre alla sua importanza spirituale, il Santuario affascina i visitatori anche dal punto di vista architettonico: a pianta circolare con due ampie aule sacre, la cripta e la chiesa superiore che confluiscono in un’unica realtà architettonica.
Il Santuario crea, grazie ad un’enorme vetrata concava, un’atmosfera serena, accogliente e luminosa

I pellegrini che visitano questo luogo sacro vengono accolti con sorrisi genuini e una gentilezza che è tipica dell’ospitalità umbra. Possono sempre confessassi, in nome della stessa Misericordia che il Santuario rappresenta.

Il messaggio dell’Acqua e le famose piscine
A partire dal 1° marzo 1979, l’Acqua del Santuario, proveniente dal pozzo che si trova nelle vicinanze, è stata fatta fluire nelle piscine (divise tra uomini e donne) e aperte ai pellegrini o per l’immersione del malati, che potevano immergersi durante la “Liturgia delle Acque” dei sacerdoti del Santuario.
Attualmente, le “Liturgie delle Acque” sono ancora attive, mentre per le restrizioni post pandemia, le immersioni sono state momentaneamente sospese, ma allo stesso tempo, i pellegrini che si recheranno al Santuario e parteciperanno alla liturgia, verranno accompagnati dal sacerdote ai piedi della statua di Maria Mediatrice per poter bere dalle Fontanelle recitando la preghiera del retto uso dell’Acqua e dei suoi significati spirituali come “refrigerio al corpo e di salute all’anima e di rinnovo dei prodigi per le guarigioni”, come sempre detto da Madre Speranza.

L’Acqua del Santuario è tutt’oggi considerata un segno della Grazia e uno strumento della Misericordia del Signore.

Il Torcolo di San Costanzo

Il dolce tipico della tradizione per festeggiare San Costanzo è, appunto, il Torcolo, dietro la quale si celano tante leggende e misteri legati al Santo che rendono ancora oggi questo dolce ricco di fascino e storia.
Si tramanda, infatti, che il torcolo sia a forma di ciambella per ricordare la corona i fiori che su posta sulla corpo del Santo dopo la decapitazione o ancora che il buco rappresenti la testa mozzata del Santo e in ultimo che la sua forma a ciambella rimandi alla corona sfilata dal capo del Santo una volta decapitata. Ecco perché un dolce tempestato da canditi colorati, in ricordo alle pietre preziose della colora! I cinque tagli sulla ciambella sono, invece, riconducibile alle porte di accesso ai cinque rioni del centro storico di Perugia: Porta San Pietro Porta Sole, Porta Eburnea, Porta Susanna, e Porta Sant’Angelo.

Il torcolo di San Costanzo, nonostante la grande importanza che ricopre durante la festa del 29 gennaio, è un dolce che viene oggi gustato in Umbria durante tutto l’anno!

Ma vediamo la Ricetta:

Ingredienti:
600 gr di farina
330 gr di acqua tiepida
170 gr di zucchero
85 gr di olio extravergine d’oliva
1 uovo
85 gr di burro
25 gr di lievito di birra
170 gr di cedro candito
170 gr di uvetta sultanina
170 gr di pinoli
semi di anice a piacere

Procedimento:
Disporre la farina a fontana sulla spianatoia, o in una ciotola, sbriciolare al centro il lievito e cominciare ad impastare con l’acqua tiepida raccogliendo man mano la farina dai bordi. Una volta che l’impasto risulta omogeneo e ben amalgamato, lasciarlo riposare e lievitare per circa 2 ore in un luogo caldo e non umido.
Completata la lievitazione, rovesciare l’impasto (deve raddoppiare) sulla spianatoia allargandola leggermente con il palmo della mano e aggiungere il burro a pezzettini (temperatura ambiente), lo zucchero e l’olio. Una volta amalgamati gli ingredienti, aggiungere il cedro candito a dadini, l’uvetta, i pinoli, anice a piacere. Lavorarla fino a far amalgamar bene tutta la frutta candita e la frutta seca, formare la ciambella e metterla in una tortiera imburrata per farla lievitare circa 3 ore,
Dopo l’ultima lievitazione, spennellare la superficie del Torcolo con tuorlo d’uovo e fare 5 tagli leggeri con la punta del coltello.
Cuocere in forno preriscaldato a  180° per 45 minuti circa.

Abbinamento consigliato: Vernaccia di Cannara o Vinsanto umbro.

La storia di San Costanzo

Il 29 gennaio si festeggia San Costanzo, primo Vescovo e di Perugia e uno dei patroni del capoluogo umbro insieme a San Lorenzo e Sant’Ercolano. La storia della vita di San Costanzo e ciò che ne aleggia intorno è ricco di meraviglia, stupore, fede e misticismo con un pizzico di romanticismo e di dolcezze. Vediamo perché.

San Costanzo Martire
In “Mille Santi del Giorno” di Piero Bargellini, una raccolta delle storie delle vite dei Santi, si legge la descrizione di Costanzo, che possiamo datare intorno al II secolo d. C, come un uomo dedito alla fede, alla bontà e generosità verso i poveri e un grande senso del dovere verso la Chiesa Cristiana soprattutto durante le persecuzioni dell’Imperatore Marco Aurelio.

Si narra che Costanzo, sotto l’Impero di Marco Aurelio fu martirizzato e perseguitato brutalmente: rinchiuso nel calidarium (antiche terme romane) a temperature altissime, uscendone però, miracolosamente, indenne. Fu arrestato diverse volte e costretto a camminare sui carboni ardenti ma nulla riuscì a scalfire la fede di San Costanzo. Intorno l’anno 178 fu arrestato nuovamente e decapitato a Foligno.

La salma di San Costanzo fece poi ritorno a Perugia dove trovò riposo in quella che sarà poi la prima Cattedrale di Perugia, fuori le porte di San Pietro e oggi conosciuta come Chiesa di San Costanzo.

La tradizione dell’Occhiolino
Per gli amanti del Romanticismo, ecco per voi una leggenda secondo la quale, durante le celebranzioni del Santo, l’immagine di San Costanzo possa fare “l’occhiolino” alle ragazze nubili (e vergini secondo tradizione medievale) che si presentano nella Chiesa dove riposa il Santo, per chiedere se si sposeranno entro l’anno. Naturalmente è un gioco di luci e ombre che rende il tutto magico con un pizzico d’amore.

Alle fanciulle senza la previsione del lieto evento da parte del Santo, verrà regalato dal fidanzato il dolce tipico perugino ma soprattutto tipico della Festa di San Costanzo, il Torcolo.

 

Il torcolo di San Costanzo

Il dolce tipico della tradizione per festeggiare San Costanzo è, appunto, il Torcolo, dietro la quale si celano tante leggende e misteri legati al Santo che rendono ancora oggi questo dolce ricco di fascino e storia.
Si tramanda, infatti, che il torcolo sia a forma di ciambella per ricordare la corona i fiori che su posta sulla corpo del Santo dopo la decapitazione o ancora che il buco rappresenti la testa mozzata del Santo e in ultimo che la sua forma a ciambella rimandi alla corona sfilata dal capo del Santo una volta decapitata. Ecco perch un dolce tempestato da canditi colorati, in ricordo alle pietre preziose della colora! I cinque tagli sulla ciambella sono, invece, riconducibile ai porte di accesso ai cinque rioni del centro storico di Perugia: Porta San Pietro Porta Sole, Porta Eburnea, Porta Susanna, e Porta Sant’Angelo.

Il torcolo di San Costanzo, nonostante la grande importanza che ricopre durante la festa del 29 gennaio, è un dolce che viene oggi gustato in Umbria durante tutto l’anno!

Credit foto
Regione Umbria
Umbria Tourism
Comune di Perugia

Sulle tracce di Don Matteo a Spoleto

Spoleto, un gioiello nascosto tra le verdi colline umbre, è un luogo ricco di storia, cultura e fascino.
Oltre ad essere una destinazione ideale per gli amanti dell’arte e della gastronomia, Spoleto è  famosa per il Festival dei Due Mondi e  per essere la città in cui viene girata la popolare serie televisiva italiana “Don Matteo“(ne avevamo già parlato qui)
Esploriamo insieme i luoghi incantati di Spoleto che fanno da sfondo alle avventure del nostro amatissimo prete detective!

La Cattedrale di Santa Maria Assunta e Palazzo Bufalini
La maestosa Cattedrale di Santa Maria Assunta, conosciuta anche come Duomo di Spoleto, è la location iconica della serie. Questo capolavoro di architettura romanica ospita opere d’arte straordinarie e rappresenta uno dei luoghi più sacri della città. Nella trama di “Don Matteo”, la cattedrale ospita la Canonica, la Caserma dei Carabinieri e il Parlatorio.
Poco distante si può ammirare Piazza della Signoria dove sono state girate molte scene della Fiction. Palazzo Bufalini è stato utilizzato per le riprese in esterna della Caserma dei Carabinieri. 

Basilica di Sant’Eufemia e il Teatro Caio Melisso
Situata all’interno del Palazzo Vescovile, eretta sulle fondamenta dell’antica residenza dei duchi longobardi è la location che ospita la Chiesa di “Don Matteo”. Poco distante si trova il Teatro Caio Melisso, che in occasione della Fiction è diventato il parlatorio del carcere.

Un Viaggio nel Cuore di Spoleto
Esplorare i luoghi in cui viene girata la fiction “Don Matteo” è un’esperienza affascinante che consente ai visitatori di immergersi completamente nella magia della serie. Spoleto, con la sua ricca storia, la sua architettura affascinante e la sua aura misteriosa, offre un viaggio indimenticabile nel cuore dell’Umbria.

Se siete fan della serie, non c’è modo migliore per vivere le avventure di Don Matteo e del suo fedele amico Cecchini, interpretato da Nino Frassica, che visitare personalmente questi luoghi incantati.
Spoleto vi accoglierà a braccia aperte, offrendovi non solo la bellezza dei suoi monumenti, ma anche l’opportunità di rivivere i momenti emozionanti che avete amato sullo schermo.

Perciò, preparatevi a fare un viaggio nel mondo di Don Matteo, esplorando gli stessi vicoli tortuosi e le
stesse piazze affollate che hanno fatto da sfondo alle sue indagini più avvincenti. Spoleto vi attende con i suoi segreti e le sue storie da raccontare, pronta a incantarvi con il suo fascino senza tempo.

Da Spoleto alle Marmore in bici

Una proposta di tre giorni in una delle zone più belle dell’Umbria, che unisce le bellezze di Spoleto e di borghi come Sant’Anatolia, Scheggino, Ferentillo e Arrone, con la natura incontaminata della Valnerina, prima di concludersi di fronte allo stupendo spettacolo della Cascata delle Marmore.

Le Merlettaie del pizzo d’Irlanda dell’Isola Maggiore

All’inizio del Novecento, la marchesa Elena Guglielmi portò sull’Isola Maggiore nel lago Trasimeno la tecnica di lavorazione del merletto a punto Irlanda, ispirata alle tradizioni nate nei monasteri irlandesi alla fine del XIX secolo, secondo l’antica arte dei merletti di Venezia.

Invece di essere realizzato con ago e fuselli, la particolarità di questo merletto viene creato a uncinetto utilizzando un filato estremamente sottile. La lungimiranza della Marchesa, fu anche quella di portare da Torino, un’insegnante che potesse trasmettere l’arte del merletto a quella che fu poi la prima maestra isolana, Elvira Tosetti, alla quale fu affidata anche la fondazione e la direzione della scuola di merletto sull’isola per le giovani donne, figlie di pescatori, che sino ad allora svolgevano varie attività durante il giorno senza però percepire alcun pagamento. La scuola diede loro la possibilità e l’opportunità di ricevere una formazione professionale, imparando diverse tecniche per la creazione di tovaglie, lenzuola, vestiti, fazzolettini, guanti etc, una certa indipendenza economica (nel primo anno il loro guadagno fu di circa 390 lire, il secondo anno di circa 2300 lire) e consentire loro di contribuire alle spese familiari.

Le si vedevano sedute sull’uscio di casa dedite all’uncinetto e alle confezioni di trine. Queste fanciulle e le loro creazioni divennero ben presto stimane dalle nobil donne, clienti abituali della scuola.

Ben presto, i manufatti vennero esposti alla mostra mercato permanente delle Arti Decorative Italiane di Perugia e i campionari inviati alle Industrie Femminili Italiane di Roma, per essere venduti poi in tutta Italia e all’estero. Le trine d’Irlanda dell’Isola Maggiore divennero famose e molto apprezzate e richieste dal settore dell’alta moda, contribuendo positivamente all’economia dell’isola, specialmente in periodi di crisi della pesca.

In seguito, negli anni Trenta, con il cambio dello stile della moda e con le influenze che cominciarono ad arrivare dall’America, il merletto d’Irlanda non fu più di moda e la scuola fu costretta a chiudere.
Le donne isolane, continuarono a lavorare il merletto per il proprio corredo personale e come eredità.

Nel 1963, l‘isolana Maria Vittoria Semolesti riavviò l’attività fondando una cooperativa di merlettaie per la vendita del merletto d’Irlanda. Anche se la cooperativa chiuse nel 1975, le merlettaie continuarono a lavorare individualmente. È così che via Guglielmi, con le sue merlettaie, divenne una delle attrazioni dell’isola, attirando turisti che ammiravano il processo di creazione delle trine. Ancora oggi, è possibile trovare qualche merlettaia che lavora sull’uscio di casa.

Le ultime merlettaie dell’Isola Maggiore, tutte discendenti dalla scuola di Maria Vittoria Semolesti, operano ancora oggi. Nel centro dell’isola, nel palazzo che un tempo ospitava la confraternita di Santa Maria dei Disciplinati, è stato istituito il Museo del Merletto, che espone i lavori realizzati dalle donne dell’Isola Maggiore dal 1904 alla fine del XX secolo.

Cosa fare in un giorno a Perugia

“A Perugia si respirano la grazia, la gentilezza ed una specie di dolcezza morale come sciolta nell’aria. Dentro le cerchia delle mura di Perugia vi sono i segni di tutti i secoli e di tutti gli stili, dall’etrusco al neoclassico. Perugia è tra le più dense capitali dell’arte” –
Guido Piovene, giornalista e scrittore

Con queste bellissime parole dedicate a Perugia, diamo il via a questa nuova rubrica: le città da visitare tutte d’un fiato in un solo giorno!

Benvenuti a Perugia, la città del cioccolato, del Jazz, dell’arte, della moda, della storia millenaria dagli etruschi ad oggi.
La città a “misura d’uomo” che puoi visitare tranquillamente a piedi passeggiando tra le piazze e i vicoletti, ammirando i suoi panorami mozzafiato e gustando le specialità tradizionali.
Siete pronti? Scarpe comode e voglia di fotografare

  1. Piazza IV Novembre e la Fontana Maggiore
    Iniziamo subito con il cuore della città, la Piazza come cartolina simbolo di Perugia, situata alla fine di Corso Vannucci, il corso principale che viene simpaticamente definito dai Perugini come la “vasca”, simbologia con le vasche delle piscine per la sua forma lunga e il tipico passeggiare avanti e indietro tra boutique, ristoranti tradizionali e fusion, pasticcerie storiche, e cioccolaterie. La Fontana Maggiore fu costruita in stile gotico tra il 1275 e il 1278 da Nicola e Giovanni Pisano: incisi vi sono 50 bassorilievi e 24 statue che rappresentano i 12 mesi dell’anno con le principali attività agricoli e i segni zodiacali e con storie del vecchio e nuovo Testamento. Le 24 statuette sono la rappresentazione di santi e personaggi mitologici e biblici oltre alla raffigurazione del Grifo, il simbolo della città di Perugia.
    A due passi dalla Fontana vi è l’accesso allo Scavo Archeologico di Perugia Sotterranea, un bellissimo tuffo bel passato camminando tra le stradine etrusche pima e romane poi.
    Prenota QUI la tua visita
  2. Palazzo dei Priori
    Un elegante edificio in stile gotico con finestre a trifora risalente al XII sec. Oggi sede del Comune e della Galleria Nazionale dell’Umbria, che ospita fino a giugno 2023 la Mostra del Perugino  per il suo Cinquecentenario della sua morte, oltre a capolavori dell’arte italiana dal Medioevo fino al ‘500. Al piano terra di Palazzo dei Priori vi sono anche il Collegio del Cambio e il Collegio della Mercanzia lungo Corso Vannucci.
    Potresti approfittare per una gustosa degustazione di cioccolato, esperienza imprescindibile nella Città più dolce d’Italia.
    Prenota QUI la tua degustazione
  3. Porta Sole
    Da qui il panorama è mozzafiato. Porta Sole è una delle 5 porte facente parte dell’antica cinta muraria di Perugia, e inoltre uno dei Rione Medievale del Centro.
    Fermatevi un secondo e ammirate il panorama, le antiche mura ancora visibili e la lunga scalinata molto suggestiva di Via delle Prome che vi portano direttamente all’Arco Etrusco.
    Citata anche da Dante nella Divina Commedia, nel Canto XI del Paradiso:

 «Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto dal Beato Ubaldo
fertile costa d’alto monte pende

onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole, e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo»

  1. Arco Etrusco
    Conosciuto anche come Arco di Augusto è un’altra delle Porte di accesso di Perugia.  Costruito nel III secolo a.C e ristrutturato nel 40 a.C da Augusto. Bellissimo e imponente vi lascerà di stucco.
  1. Acquedotto
    Adesso che vi ho fatto camminare in discesa, è ora di farvi camminare in salita, percorrendo l’Acquedotto, ma è un’esperienza che assolutamente non potete non fare a Perugia. L’Acquedotto è infatti famoso per la sua scalinata che però qui non cambia, restando ferma (Semicitazione di Hermione in Harry Potter e la Pietra Filosofare “Alle scale piace cambiare”)!
    Arrivati in cima, prendente fiato e giratevi. Bellissima la vista sull’antico acquedotto medievale che riforniva proprio la Fontana Maggiore.
  2. Rocca Paolina e i Giardini Carducci
    A  questo punto siete ritornati in Centro, una “vasca” in Corso Vannucci e siete nel lato opposto di Piazza IV Novembre. Qui potrete riposarvi ai Giardini Carducci su una delle panchine che affacciano sul meraviglioso panorama dell’Umbria, ammirerete la statua appena restaurata del Perugino.
    Siete pronti poi per scendere sotto la Rocca Paolina, fortezza risalente al ‘500 e voluta da Papa Paolo III. Oggi è un punto di collegamento tra Piazza Partigiana (in cui troverete il bus terminal e il parcheggio) ma anche un bellissimo luogo storico in cui vengono allestite Mostre d’Arte e i Mercatini (come quelli di Natale).

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Passeggiando tra la storia di Perugia in famiglia

Alla scoperta di Campello sul Clitunno

Il comprensorio di Campello sul Clitunno si suddivide in Campello Alto e Campello Basso: il primo fortificato intorno al Castello risalente al IX-X sec e voluto dal cavaliere proveniente dalla Borgogna, Rovero di Campeaux e il secondo presso le Fonti del Clitunno.

Un gioiello naturale: le Fonti del Clitunno
Sorgenti cristalline ai piedi del monte Brunette, dai colori luminosi che con i raggi del sole risplendono, creando dei giochi di luci, ombre e di riflessi della vegetazione che si specchia in queste acque, rimandando un’immagine di assoluta purezza e spiritualità.
Già note in epoca romana e molti poeti e letterati come Plinio, Virgilio, Properzio, Giovenale, ne decantano le lodi nei loro lasciti, parlando di un luogo assolutamente suggestivo. Il fiume veniva venerato in quanto elemento naturale impersonificato dal Dio Clitunno: le sue acque così pure da rendere immacolati chi vi si immergeva.
Ma le Fonti del Clitunno sono state “fonte” d’ispirazione anche in tempi moderni: come dimenticare l’ode di Carducci:


 Salve, Umbria verde, e tu del puro fonte
nume Clitumno! Sento in cuor l’antica
patria e aleggiarmi su l’accesa fronte
gl’itali iddii

Ancora le Fonti riprese nei dipinti di Corot e decantate ancora da Lord Byron nel quarto canto del Child Harold dedicate all’Umbria:

“Ma tu, o Clitunno! dalla tua dolcissima onda del più lucente cristallo che mai abbia offerto rifugio a ninfa fluviale, per guardarvi dentro e bagnare le sue membra ove nulla le nascondeva, tu innalzi le tue rive erbose lungo le quali pascola il giovenco bianco come il latte; o tu –  il più puro Dio di acque miti, e il più sereno d’aspetto, e il più limpido, invero la tua corrente non fu profanata da carneficine – specchio e vasca per le più giovani figlie della Bellezza”

La ricchissima vegetazione e biodiversità rendono le Fonti del Clitunno un piccolo paradiso tra pioppi cipressini e salici piangenti che con le loro chiome adornano il paesaggio e incorniciano le acque, sono fortemente legati a Napoleone: si narra infatti che provengano dal luogo in cui fu sepolto l’Imperatore a Sant’Elena. Ricca anche la vegetazione nei fondali come: la sedanina selvatica, la coda di cavallo acquatica e il nasturzio acquatico.

Tempietto del Clitunno
Poco distante dalle Fonti del Clitunno, si trova il piccolo ma meraviglioso Tempietto del Clitunno, dal 2011 Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Edificata in epoca paleocristiana (si ipotizza tra il V e VII secolo) con elementi di recupero proventi dai sacelli (dal lat. sacellum, dim. di sacrum “recinto sacro”) pagani del dio Clitunno, fa parte oggi dei sette gioielli riuniti di “I Longobardi in Italia. I luoghi del Potere”.
Sul timpano è ancora oggi possibile vedere le decorazioni che riportano melograno e il grappolo d’uva: se il primo simboleggia la fertilità, l’uva e più in particolare il vino è il simbolo dell’Eucarestia. 

“E sulla tua felice sponda un Tempio, di minuta e delicata struttura, mantiene ancora, sul mite declivio di una collina, il ricordo di te; sotto ad esso scorre la tua placida corrente; spesso guizza fuori da essa il dardeggiante pesce dalle lucenti scaglie, che dimora e giuoca nella tua cristallina profondità; mentre forse qualche sperduto fiore di ninfea passa galleggiando ove il flutto meno profondo ripete ancora le sue gorgoglianti novelle”
Lord Byron

Nel Verde dipinto di Verde
Oltre alle meraviglie naturali, a quelle storiche e ancora quelle legate al Trebbiano Spoletino, i colli di Campello sono adornati di verdi Ulivi che vengono oggi coltivati ancora con i metodi tradizionali e fa di Campelli uno dei sentieri della fascia olivata.
L’ulivo ha origine etrusche e diffuso poi dai romani come bene di lusso. Lo stesso Plinio il Giovane aveva in Umbria diversi ettari dedicati alla coltivazione dell’olivo.

Ciò che resta di questo racconto, è l’auspicio di poter fare esperienza di un luogo assolutamente ricco di bellezza accompagnato da un calice di Trebbiano Spoletino ed una fetta di pane calda con l’olio locale e ammirare così come avevano fatto Lord Byron, Carducci e Plinio, la meraviglia di Campello sul Clitunno.

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Emozioni di coppia on the Road

Gualdo Tadino: un “bosco” di Musei

La città di Gualdo Tadino, originariamente conosciuta con il nome umbro di Tarsina, cadde sotto il dominio romano e le fu attribuito il nome “Tadinum”, divenendo un importante centro di scambio e punto di riferimento lungo la via Flaminia.  Durante il periodo romano visse molte guerre a seguito dei conflitti per il potere tra Cesare e Pompeo.
Altre note devastazioni sono quelle legate alla figura di Annibale e alla resistenza contro i Goti in lotta con i Longobardi nella famosa battaglia di Tagina.

Il nome GUALDO deriva dalla ricostruzione risalente al 996 dopo la distruzione di Ottone III di Sassonia, Imperatore dei Franchi Orientali e Imperatore Romano proprio dal 966; a partire dalla ricostruzione del XI secolo la città assunse il nome longobardo di Gualdo, “bosco, luogo boscoso” – dal tedesco “Wald”. Il riconoscimento formale del nome “Gualdo Tadino” avverrà solo nel 1833 ad opera del Papa Gregorio XVI.

Nel 1237 fu nuovamente distrutta da un incendio e ricostruita da Federico II e dai frati benedettini, principalmente intorno alla grande struttura della Rocca Flea, sul Colle Sant’Angelo.

Per riuscire a vivere Gualdo Tadino immersi nel tempo, nelle meravigliose storie dei cittadini Gualdesi, nelle costruzioni architettoniche e nella cultura che ha contraddistinto la cittadina umbra, il Polo Museale Città di Gualdo Tadino ha racchiuso in un circuito di Musei tutta l’eredità della Città.
Da non perdere sono il Museo Civico Rocca Flea, Museo della Ceramica, il Museo dell’Emigrazione…Scoprili tutti QUI

Ma vediamoli alcuni in dettaglio:

Rocca Flea
Sulla sommità del Colle Sant’Angelo, sorge Rocca Flea, sopraffina architettura militare risalente al XII e ricostruita da Federico II nel 1247.  All’interno, a partire dal 1999, si trova il Museo Civico Rocca Flea.

Il suo nome, derivato dal vicino fiume Flebeo, poi chiamato Feo, compare già in documenti del XII secolo. Con il succedersi delle diverse dominazioni imposte alla città, vi si insediarono dapprima le milizie di Federico Barbarossa, poi quelle del papa e nel 1208 quelle della guelfa Perugia. Danneggiata dai molti conflitti, venne restaurata da Federico II intorno al 1242. Nel XVI secolo divenne la residenza dei legati pontifici, mentre nel 1888 la Rocca diventa sede carceraria. Riportata al suo precedente aspetto grazie a recenti restauri la fortezza è diventata dal 1999 sede del museo civico”

 

Museo della Ceramica

“Il Museo della Ceramica di Casa Cajani è parte di un ampio progetto che ha come obiettivo quello di esporre e valorizzare il patrimonio della città: la collezione civica di ceramiche, proveniente dal pubblico, da acquisizioni e donazioni. Un progetto legato alla storia artistica, produttiva ed economica di questo territorio, che documenta i prestigiosi traguardi raggiunti nel corso dei secoli dalle manifatture ceramiche gualdesi.

Alcune sale del Museo sono interamente dedicate ad Alfredo Santarelli, un omaggio alla sua maestosa opera con manufatti di importanti opifici nati nel ‘900 dall’impronta del Santarelli, come Luca della Robbia, la Società Ceramica Mastro Giorgio e l’Industria Ceramiche Angelo Pascucci. Un’altra sezione è dedicata alla prestigiosa manifattura di Paolo Rubboli che reintrodusse a Gualdo Tadino la tecnica dei lustri oro e rubino di tradizione mastrogiorgesca”.

Museo dell’Emigrazione
“Il Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti nasce per sottolineare il patrimonio storico, culturale ed umano legato al grande esodo emigratorio che coinvolse l’Italia dalla fine dell’Ottocento e che ha riguardato più di 27 milioni di partenze. Realizzato con la tecnica delle proiezioni video, coinvolge il visitatore in un emozionante percorso a ritroso: l’arrivo, il viaggio e la partenza. Documenti, immagini e racconti provenienti da tutte le regioni d’Italia. Un viaggio corale che ha per protagonista l’emigrante: gli addii, l’incontro e lo scontro con il paese straniero, la nostalgia, le gioie e i dolori quotidiani, l’integrazione nella nuova realtà, le sconfitte e le vittorie, il confronto e la riflessione con l’immigrazione di oggi”

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Sulla via della Ceramica